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Su l'imperialismo - la piramide imperialista


 
21/03/2013
 
Articolo per Il Machete, Rivista di teoria e politica del Partito Comunista del Messico
 
I giorni 11-14 Aprile 2013 si terrà il 19° Congresso del KKE, il cui tema di base, a parte la relazione delle attività e dei compiti fino al 20° Congresso, è lo sviluppo del Programma del Partito e dei suoi Statuti.
 
Una delle questioni sollevate dall'opportunismo contro il Partito è la nostra valutazione (che tra l'altro non è nuova in quanto è menzionata nel Programma attuale e venne elaborata nel 15° Congresso, nel 1996) che il capitalismo greco è nella fase imperialista di sviluppo e che occupa una posizione intermedia nel sistema imperialista internazionale, con una forte dipendenza dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea.
 
Attaccano la posizione che la lotta per la difesa dei confini, dei diritti sovrani della Grecia, dal punto di vista della classe operaia e dei settori popolari, è indissolubilmente legata alla lotta per il rovesciamento del potere del capitale. Il popolo greco non deve difendere i piani di guerra di uno o dell'altro polo imperialista, la redditività di uno di un altro gruppo monopolista.
 
Il KKE possiede una ricca esperienza che conferma in pieno la posizione leninista sul rapporto tra l'imperialismo - come fase superiore del capitalismo - e l'opportunismo nel movimento operaio, che è un problema che non è legato solo alla Grecia ma a tutti i paesi capitalisti. Non è un caso che l'essenza economica dell'imperialismo, che è il monopolio con i suoi tratti caratteristici, è sottovalutata o trascurata anche dai partiti comunisti che hanno aderito all'opportunismo già prima o, soprattutto, dopo la vittoria della controrivoluzione nei paesi socialisti.
 
La visione opportunista dell'imperialismo e la negazione dell'esistenza di un sistema imperialista internazionale (piramide imperialista)
 
Il termine imperialista è diventato molto popolare in Europa e in Grecia tra le forze che non lo utilizzavano spesso o con la stessa facilità negli anni precedenti. Il problema è che l'imperialismo si presenta come qualcosa di diverso e distinto dal capitalismo, come un concetto politico separato dalla base economica, una posizione che è stata fortemente sostenuta dal padre dell'opportunismo, Kautsky. L'opportunismo risulta, tra le altre cose, incapace di modernizzarsi: ripete Kautsky, utilizza argomentazioni non scientifiche, si concentra deliberatamente sulla superficie e non nell'essenza. Non è nel loro interesse e quindi non possono vedere l'intero panorama dell'economia capitalistica mondiale nelle sue relazioni internazionali reciproche. Non vuole capire l'essenza economica dell'imperialismo e vedere su questa base la sovrastruttura ideologica e politica, alla fine lo assolve, lo supporta e semina illusioni tra le masse operaie e popolari che esiste un capitalismo buono e uno cattivo, la gestione borghese buona e quella inefficace. In ultima analisi, l'opportunismo vuole una società capitalista senza le supposte deviazioni, chiamando deviazioni proprio le leggi dell'economia capitalistica e le sue conseguenze. Occulta ai popoli la natura di classe della guerra, giacché la critica meramente dal punto di vista morale per le sue tragiche conseguenze. Semina l'illusione che il capitalismo è in grado di garantire la pace se si impongono i principi di uguaglianza e di libertà, di intesa politica tra i paesi capitalistici rivali, se si pongono delle regole nella concorrenza capitalista.
 
L'opportunismo, il riformismo ripete in uno stile che vorrebbe essere innovatore, la visione vecchia, datata e obsoleta che l'imperialismo si identifica con l'aggressione militare contro un paese, con la politica degli interventi militari, i blocchi, finalizzati a far rivivere la vecchia politica coloniale. In Europa gli opportunisti identificano l'imperialismo con la Germania e con il dogmatico, per esempio, punto di vista liberale autoritario. La politica degli Stati Uniti sotto l'amministrazione Obama viene considerata progressista per le differenze parziali con la Germania sulla gestione della crisi, o si considera imperialista solo in relazione all'America Latina. Viene considerato come progressista ogni tentativo della classe operaia, per esempio della Francia o dell'Italia, di affrontare l'antagonismo con il capitalismo tedesco. L'opportunismo in Grecia ha come posizione fondamentale quella che il paese è sotto l'occupazione tedesca, che è diventato o che sta diventando una colonia, che è saccheggiato dalla signora Merkel e dai creditori. Il nemico principale, a parte la Germania stessa, è la triade dell'Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale che supervisionano e determinano la gestione del debito interno ed estero e del deficit di bilancio. Accusano la borghesia del paese e i partiti di governo di esser traditori, anti-patrioti, subordinati e servili alla Germania, ai creditori e ai banchieri.
 
Accusano il KKE per le nostre valutazioni sul capitalismo greco nel sistema imperialista internazionale, di cui non accettano l'esistenza. Considerano che la Grecia è un paese sostanzialmente sotto tutela da parte della Germania e che il regime è neocoloniale.
 
Utilizzano arbitrariamente la valutazione di Lenin nella sua opera Imperialismo, fase suprema del capitalismo che un pugno, un piccolo numero di Stati saccheggiano la stragrande maggioranza degli Stati del mondo. Di conseguenza, l'imperialismo è identificato con un numero molto ristretto di paesi, che si contano sulle dita di una mano, mentre tutti gli altri paesi sono subordinati, oppressi, sono colonie, paesi occupati, a causa della subordinazione alla percezione liberale.
 
Oggi, ci sono pochi paesi in cima, nelle posizioni superiori del sistema imperialista internazionale (il quale inoltre si illustra con lo schema di una piramide per mostrare i diversi livelli che occupano i paesi capitalisti). Si può dire che in cima ci sono un pugno di paesi, per dirla con l'espressione leninista. Tuttavia, questo non significa che gli altri Stati capitalisti sono vittime degli stati capitalisti potenti, che la borghesia della maggior parte dei paesi ha ceduto alla pressione, nonostante i loro interessi generali, che è stata corrotta. Non significa che la lotta dei popoli in Europa dovrebbe esser affrontata in senso anti-tedesco, e che nel continente americano deve orientarsi solo contro gli Stati Uniti. Non a caso, gli opportunisti in Grecia danno come un esempio positivo il superamento della crisi in Brasile e Argentina ed esaltano la politica di Obama.
 
La loro insistenza sul fatto che non vi è alcuna piramide imperialista, cioè non esiste un sistema imperialista internazionale (ma solo un piccolo numero di paesi che possono essere classificati come imperialisti principalmente per la loro posizione egemonica e per la loro capacità di decidere di lanciare una guerra locale o generalizzata), non è per nulla casuale o il risultato di un parere sbagliato; è cosciente. Da questo deriva la loro disponibilità ad assumere responsabilità in un governo borghese per gestire la crisi.
 
Gli opportunisti difendono in particolare l'esistenza di una fase di transizione tra il capitalismo e il socialismo, con dei chiari obiettivi. In primo luogo, assicurarsi che la classe operaia rinunci alla lotta per il potere operaio e, d'altra parte, promettere che in un futuro lontano e indefinito il capitalismo si trasformerà pacificamente attraverso riforme e senza sacrifici in socialismo, nel loro "socialismo" in cui la proprietà capitalista andrà a coesistere con alcune forme di autogestione.
 
Si noti che quando parlano di una Grecia indipendente e degna, capace di resistere alla signora Merkel, chiariscono che il paese dovrebbe rimanere nella UE come Stato membro, mentre sperano che la NATO si auto-dissolva, liberandosi dalle dipendenze e gli impegni politico-militari che impone.
 
Dicono che la Grecia, sempre come membro dell'Unione Europea e della NATO, può ricorrere a prestiti, crediti, investimenti di altri stati come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, considerando che i governi di Brasile e Argentina hanno raggiunto la liberazione dei loro popoli dal FMI. Come se gli investimenti di questi stati non trovassero il loro fondamento nell'acquisizione del maggior profitto possibile e nell'uso della forza lavoro a basso costo, nell'utilizzo a lungo termine delle risorse naturali e delle materie prime locali fino al loro esaurimento.
 
Affermano addirittura che la restaurazione del capitalismo nei paesi socialisti ha abolito la Guerra Fredda e che il mondo è diventato migliore perché è multipolare, ossia, ha molti centri e nuove potenze. Tuttavia, "dimenticano" il fatto che questi nuovi "centri" e "potenze" si basano sullo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici, nel dominio dei monopoli nell'economia, ossia che si tratta di nuove potenze imperialiste emergenti. In conclusione, il mondo non è diventato migliore, nè più promettente - anche se ora non vi è alcun conflitto tra l'imperialismo e il socialismo - come sostengono gli apologeti del capitalismo.
 
L'opportunismo giustifica il suo declino interpretando arbitrariamente citazioni di Marx e Lenin
 
A causa dell'esistenza e dell'attività del KKE e soprattutto a causa della loro tattica avventuriera gli opportunisti si propongono come sostituti del movimento comunista, estrapolando frammenti di Lenin e anche di Marx ed Engels, per accusare il nostro partito di aver abbandonato il socialismo scientifico.
 
Oggi è assolutamente necessario richiamare alcuni elementi di base del concetto leninista dell'imperialismo che hanno trovato ampia conferma, oltre a mettere in evidenza gli sviluppi che incalzano e che rendono imperativo identificare la lotta contro l'imperialismo con lotta anti-capitalista. La risposta al capitalismo non è, tra le altre, il ritorno impossibile all'epoca del capitalismo della libera concorrenza, di imprese capitaliste non concentrate, ma la necessità e la validità del socialismo, l'acquisizione di preparazione in condizioni di situazione rivoluzionaria. Una preparazione che non può conciliarsi con l'opportunismo nella lotta quotidiana.
 
Anche se si immagina l'inimmaginabile, cioè, se fosse possibile un ritorno al capitalismo della libera concorrenza, questo porterebbe inevitabilmente di nuovo alla nascita del monopolio. Le grandi imprese portano in sé la tendenza a diventare monopolio. Marx aveva già detto chiaramente che la libera concorrenza crea il monopolio.
 
La storia ha dimostrato che il monopolio, come conseguenza della concentrazione del capitale, come legge fondamentale della fase attuale del capitalismo è una tendenza generale in tutto il mondo e può coesistere con forme dell'economia e della proprietà pre-capitaliste. Alla fine del 19° secolo la crisi accelerò la creazione dei monopoli, come tutte le crisi economiche cicliche che accelerano la concentrazione e la centralizzazione e l'emergere di poderosi monopoli, la riproduzione della competizione a un livello superiore. L'emergere dei monopoli e il loro sviluppo, espansione e penetrazione non avviene simultaneamente in tutti i paesi, nemmeno nei paesi vicini, ma si verifica certamente nello stesso modo, con l'esportazione di capitali che prevale sulle esportazioni di merci. L'emergere e il rafforzamento dei monopoli, anche se limitati ad alcuni settori a livello nazionale, alla fine causa l'anarchia nell'insieme della produzione capitalista. Questo è stato particolarmente caratteristico nel 20° secolo fino ad oggi, lo squilibrio nello sviluppo tra la produzione industriale e agricola, lo squilibrio di sviluppo tra i settori dell'industria. Lo squilibrio non riguarda solo i settori produttivi, ma anche la disuguaglianza nell'applicazione e nell'uso della tecnologia. La politica di saccheggio, di annessioni, di trasformazione di stati in protettorati, la politica di smembramento degli Stati non è il risultato dell'immoralità politica da parte degli imperialisti potenti, né è una questione di subordinazione e di codardia da parte della borghesia del Paese che sperimenta la dipendenza. Si tratta di una questione che ha a che fare con l'esportazione di capitali e la disuguaglianza che è inerente al capitalismo a livello nazionale e internazionale.
 
La Grecia è uno degli esempi tipici che ha certamente un valore universale ora che il fenomeno non è puramente greco. Il nostro paese ha un importante potenziale produttivo che, tuttavia, si è sviluppato selettivamente nel corso dello sviluppo capitalistico, mentre l'integrazione del paese nell'Unione Europea e in generale il suo rapporto con il mercato capitalista mondiale ha comportato un uso ancora più restrittivo delle sue risorse naturali. In sintesi, si deve rilevare che la Grecia ha importanti risorse energetiche, importanti risorse minerarie, produzione industriale e agricola, artigianato, ossia risorse in grado di coprire la maggior parte dei bisogni del popolo, come il bisogno di cibo, energia, trasporti, costruzione di opere pubbliche, infrastrutture e abitazioni popolari. La produzione agricola è in grado di supportare l'industria in vari settori. Tuttavia, la Grecia, non solo a causa della crisi, ma dell'intero corso di assimilazione nella piramide imperialista, si è ulteriormente deteriorata: il paese dipende dalle importazioni, mentre i prodotti greci non si vendono e si buttano.
 
Si tratta di una caratteristica che mostra le conseguenze della proprietà capitalista e della competizione capitalista, sia a livello europeo che a livello mondiale.
 
Come Kautsky, l'opportunismo contemporaneo divide il capitale in sezioni separate, concentra la sua critica in una delle sue forme
 
Ricordiamo che Kautsky considera come nemico solo una parte del capitale, il capitale industriale che con la sua politica imperialista lancia il suo attacco in primo luogo contro le zone rurali creando così uno squilibrio tra lo sviluppo dell'industria e l'agricoltura. Presumibilmente si tratta di una deviazione strutturale. Gli opportunisti contemporanei sostengono più o meno le stesse posizioni, concentrano la loro critica sul sistema bancario, i banchieri, il capitale bancario, senza prendere in considerazione la fusione del capitale bancario col capitale industriale, anche se si presentano come marxisti. Gli squilibri che appaiono anche nei paesi capitalisti sviluppati forti nei vari rami e settori vengono attribuiti all'irrazionalità o a una tendenza verso la speculazione che essi considerano immorale in quanto fanno una distinzione tra profitto e speculazione.
 
Ma la posizione che l'esportazione di capitale colpiva esclusivamente le zone rurali non venne confermata nemmeno nel periodo in cui l'opportunista Kautsky era in piena auge. A quell'epoca anche la politica delle cosiddette annessioni, utilizzando come leva il capitale finanziario, colpì anche le zone industriali. Se il capitalismo nella sua fase imperialista sostenesse il potenziale sviluppo di tutti i paesi senza eccezione, allora non ci sarebbe questo livello di accumulazione capitalista per esportare capitali e sfruttare le materie prime e la classe operaia di un gran numero di paesi legati da una varietà di relazioni di dipendenza e interdipendenza.
 
Invocazione del patriottismo con il fine di giustificare la strategia della borghesia di prendere la maggior parte possibile della nuova distribuzione in condizioni di implacabile rivalità imperialista
 
Gli opportunisti e i partiti nazionalisti in Grecia stanno dicendo a gran voce che la borghesia, lo Stato greco e i partiti borghesi non sono patriottici, ma traditori. In realtà, la borghesia del nostro paese, così come i loro partiti, sono ben consapevoli del fatto che, anche in condizioni di disuguaglianza, è preferibile aderire ad una unione imperialista, perché è l'unico modo per rivendicare una parte del bottino e aspettarsi un sostegno politico-militare esterno, se il sistema inizia a tremare, se si intensifica la lotta di classe, prevenire e reprimere il movimento con l'aiuto di meccanismi militari dell'Unione europea e della NATO. Il patriottismo della borghesia si identifica con la difesa del marcio sistema capitalista.
 
In condizioni in cui le contraddizioni inter-imperialiste e mondiali condurranno ad un conflitto militare, la borghesia greca dovrà scegliere il lato di un imperialista potente, con quale alleanza imperialista andrà a lottare per la ridistribuzione dei mercati nella speranza di prenderne anche un piccola parte.
 
E' impossibile che la borghesia difenda i diritti sovrani a favore del popolo; lo farà esclusivamente per i propri interessi. Se è necessario, ignorerà anche i suoi interessi particolari al fine di non perdere il suo potere, per mantenerlo il più possibile.
 
La teoria in merito a un pugno di paesi dominanti
 
Quando Lenin parlava di un pugno di paesi che saccheggiano un gran numero di paesi, evidenziava con molti esempi e dettagli una varietà di forme di saccheggio di paesi coloniali, semi-coloniali e anche non-coloniali. Al vertice della piramide vi è un piccolo numero di paesi, ora che il capitale finanziario (una delle cinque caratteristiche fondamentali del capitalismo nella fase imperialista che si manifesta come fusione del capitale bancario con il capitale industriale) sta estendendo i suoi tentacoli in tutti i paesi mondo.
 
La posizione di un "pugno di paesi" definisce le diverse forme di relazioni tra i paesi capitalistici che si connotano per la disuguaglianza: la piramide illustra l'economia capitalista mondiale.
 
Prima di tutto, Lenin ha chiarito che l'imperialismo è il capitalismo monopolista, è l'economia capitalistica mondiale, è il prologo della rivoluzione socialista in ogni paese.
 
Lenin spiegò le caratteristiche dell'imperialismo: la concentrazione della produzione e del capitale, la fusione del capitale bancario col capitale industriale e la creazione dell'oligarchia finanziaria, l'esportazione di capitali, la creazione di unioni monopolistiche internazionali. Non si tratta di una politica di annessioni, di dipendenze da un aspetto morale o di un fenomeno che riflette una certa visione politica nel quadro del sistema politico borghese, interpretazioni tipiche degli opportunisti. L'imperialismo è direttamente connesso nelle relazioni internazionali all'emergere del capitale finanziario e alla sua urgente necessità di ampliare continuamente il campo economico al di là dei confini nazionali, al fine di scalzare gli antagonisti. Lo scalzamento dell'antagonista si può fare più facilmente attraverso la colonizzazione così come attraverso la trasformazione di una colonia in uno Stato politicamente indipendente togliendo di mezzo il paese capitalista-metropoli, la cui posizione la occuperà un'altra potenza capitalista emergente attraverso l'esportazioni di capitali e gli investimenti stranieri diretti. E' importante e illuminante la diversa posizione della Gran Bretagna colonialista e della Germania emergente come una potenza imperialista.
 
La nuova divisione del mondo alla fine del 19° e agli inizi del 20° del quale parlava Lenin, è stata condotta tra i paesi capitalisti più potenti. Tuttavia, nel gioco della divisione, della formazione dei rapporti di forza in generale si impegnarono anche altri Stati capitalisti, che non rimasero passivi. I paesi capitalisti forti si ripartirono non solo le colonie, ma anche i paesi non-coloniali, mentre i paesi coloniali più piccoli diedero il via a una nuova espansione coloniale. In vero Lenin menzionava gli stati piccoli che mantennero le colonie quando le grandi potenze coloniali non trovarono un accordo per ripartirle.
 
Inoltre, Lenin sottolineava che la politica coloniale esisteva anche nelle società precapitalistiche, ma ciò che contraddistingue la politica coloniale del capitalismo è che qui si basa sul monopolio. Sottolineava che la varietà di relazioni tra gli Stati capitalistici nel periodo dell'imperialismo si convertono in un sistema generale, facendo parte dell'insieme delle relazioni della divisione del mondo, si convertono in anelli della catena di operazioni del capitale finanziario mondiale. Nel periodo a cui Lenin si riferisce e ancora di più oggi, le relazioni di dipendenza e saccheggio di materie prime esistono anche a scapito dei paesi non-colonie, ossia, stati con indipendenza politica.
 
Dopo la seconda guerra mondiale e l'istituzione del sistema socialista internazionale, si formò necessariamente il massimo raggruppamento dell'imperialismo contro le forze del socialismo-comunismo e si intensificò la sua aggressività, la sua espansione economica, politica e militare multiforme. Sotto l'impatto della nuova correlazione di forze rapidamente iniziò lo smantellamento degli imperi coloniali, dell'impero francese e britannico. Gli Stati capitalisti più potenti si videro costretti a riconoscere l'indipendenza degli Stati nazionali, sotto la pressione dei movimenti per l'indipendenza nazionale che sfruttarono il molteplice appoggio e la solidarietà dei paesi socialisti, del movimento operaio e comunista.
 
Nel dopoguerra, un certo numero di paesi non si integrarono pienamente negli organismi politico-militari ed economici dell'imperialismo ora che avevano la possibilità di stabilire relazioni economiche con i paesi socialisti, anche se i rapporti di forza si mantenevano a favore del capitalismo. Si ribadisce la varietà di relazioni, interdipendenze e obblighi nel quadro del mercato capitalista mondiale.
 
Nell'ultimo decennio del 20° secolo la situazione cominciò a cambiare come risultato di due fattori che interagiscono tra di loro, ma ognuno con la sua relativa autonomia. I paesi capitalisti più maturi e potenti, che sono al vertice della piramide, con un diverso punto di partenza storico, ma con lo stesso obiettivo strategico, seguono una diversa politica a favore dei monopoli, in particolare sotto l'impatto della crisi economica capitalista del 1973. In condizioni di antagonismo crescente e di internazionalizzazione più rapida, la strategia contemporanea che supporta la redditività capitalistica abbandona le ricette neo-keynesiane che erano utili, soprattutto nei paesi che avevano subito danni di guerra. Procede a estese privatizzazioni, rafforza l'esportazione di capitali, diminuisce e gradualmente sopprime le concessioni che aveva fatto in particolare in ambito sociale per arginare il movimento operaio che era influenzato dalle conquiste del socialismo e soprattutto per comprare un parte della classe operaia e dei settori sociali intermedi.
 
Ciò è dimostrato anche dal fatto che la politica pro-imperialista contemporanea ha un carattere globale; non è una forma di gestione congiunturale, ma di una scelta strategica dato che l'adozione di misure anti-popolari e anti-sindacali per contrastare la tendenza decrescente del saggio di profitto riguarda quasi tutti i paesi, non solo nell'Unione Europa, ma anche oltre, in particolare in America Latina. Le misure che sono finalizzate alla eliminazione delle conquiste lavorative sono prese sia dai governi liberali che da quelli socialdemocratici, sia dal centrosinistra che dal centrodestra.
 
La restaurazione capitalista ha dato all'imperialismo l'opportunità per lanciare una nuova ondata di attacchi con minore resistenza, con l'aiuto dell'opportunismo che si è rafforzato, nel mentre che si formano nuovi mercati nei paesi ex socialisti. Di conseguenza, si è indebolita l'unità tra le principali potenze contro il socialismo che metteva in secondo piano le contraddizioni tra di loro. E' scoppiato un nuovo ciclo di contraddizioni inter-imperialiste per l'attribuzione dei nuovi mercati che ha portato alle guerre nei Balcani, Asia, Medio Oriente e Nord Africa. In questa guerra hanno preso parte anche gli Stati che non erano integrati nelle unioni interstatali imperialiste. Questo dimostra che il sistema imperialista esiste come sistema mondiale. Comprende tutti i paesi capitalistici, anche quelli che sono in ritardo o hanno residue forme di economia pre-capitalista. Le principali potenze sono in cima; tra di esse vi è una forte concorrenza e gli accordi che stabiliscono sono di carattere temporaneo.
 
Alla fine del 20° secolo ci sono stati tre centri imperialisti sviluppati in particolare a seguito della Guerra Mondiale: la Comunità Economica Europea che in seguito divenne l'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Giappone. Oggi, i centri imperialisti sono aumentati e sono sorte nuove forme di alleanza come l'alleanza che ha come suo centro la Russia, l'alleanza di Shanghai, l'alleanza di Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa (BRICS), l'alleanza dei paesi dell'America Latina (Mercosur, ALBA), ecc.
 
La politica imperialista non è esercitata solo dai paesi capitalisti che sono in cima, ma anche da quelli di altri livelli, compresi quelli con forti dipendenze dalle grandi potenze, come potenze regionali e locali. Oggi, nella nostra regione, è il caso della Turchia, Israele e gli stati arabi; tali potenze attraverso le quali il capitale monopolista occupa nuovo terreno si trovano anche in Africa, Asia, America Latina, e di conseguenza abbiamo il fenomeno della dipendenza e dell'interdipendenza.
 
La dipendenza e l'interdipendenza delle economie, naturalmente, non sono eguali. Sono determinate dalla forza economica di ogni paese così come da alcuni altri elementi militari e politici.
 
Anche se uno o più paesi sono al livello più alto e sono i leader dell'internazionalizzazione capitalista e nella suddivisione, rimangono nell'ambito di un sistema di interdipendenza con altri paesi. Ad esempio, in Europa, la Germania potrebbe essere la potenza dirigente, tuttavia le esportazioni di capitali e beni industriali dipendono dalla capacità degli Stati europei di assorbirli. Già in Cina, a causa della crisi questa possibilità è iniziata limitarsi e per questo i circoli dirigenti del governo così come settori della borghesia, in particolare nel settore industriale, riflettono e si preoccupano. Il corso dell'economia degli Stati Uniti dipende in larga misura dalla Cina nonché dagli interessi in conflitto nell'Unione Europea; la battaglia di dollaro, euro e yen è visibile.
 
Nelle Tesi del 19° Congresso si mette in evidenza che la tendenza del cambiamento nei rapporti di forza tra gli stati capitalisti si riflette anche nella partecipazione dei paesi nel flusso di capitali, sotto forma di Investimenti Esteri Diretti (FDI), così come nelle riserve di capitali in cui sono affluiti FDI.
 
Si sta aumentando il numero degli stati satellite di potenze imperialiste forti, paesi capitalisti regionali che svolgono un ruolo particolare nella politica di alleanze e adesione di una o dell'altra potenza della piramide. Le contraddizioni inter-imperialiste si concretizzano in varie forme di alleanza e tutti questi molteplici rapporti che abbracciano tutti i paesi capitalistici del mondo, senza eccezione, costituiscono la piramide imperialista.
 
Il nostro riferimento al fenomeno non significa che concordiamo con le posizioni sull'"ultra-imperialismo", come falsamente ci accusano. Anzi, tutto il contrario! Sottolineiamo sempre che nel sistema imperialista, che rappresentiamo con la forma di una piramide, continuano a svilupparsi e a manifestarsi forti contraddizioni tra gli stati imperialisti, i monopoli per il controllo delle materie prime, delle vie di trasporto, delle quote di mercato, eccetera. La borghesia può formare un fronte comune per lo sfruttamento più efficace dei lavoratori, ma sempre affilerà i suoi coltelli al momento di spartirsi il "bottino" imperialista.
 
Inoltre, è ridicola l'accusa che il riferimento a una "piramide" è un "approccio strutturalista" dell'imperialismo. Lenin, come è ben noto, utilizzò lo schema della "catena". Lo schema utilizzato è un modo per aiutare i lavoratori a comprendere la realtà dell'imperialismo come capitalismo monopolista, come capitalismo marcio e putrescente, nel quale sono incorporati tutti i paesi capitalistici, a seconda della loro forza (economica, politica, militare, ecc.). Questo è chiaramente in contrasto con il cosiddetto "approccio culturale" all'imperialismo che, come fece Kautsky, separa la politica dell'imperialismo dalla sua economia. Lenin segnalava che questo approccio ci porterebbe alla valutazione errata che i monopoli nell'economia possono coesistere nella politica con un tipo di attività non monopolista, non violenta, non predatrice.
 
Lo sviluppo diseguale si fa ancora più evidente, non solo tra i paesi capitalisti più potenti rispetto a quelli più deboli, ma anche nel cuore dei paesi più potenti. Si noti che in Europa sta crescendo il divario tra la Germania da un lato, e la Francia e l'Italia dall'altra. Tuttavia, il fenomeno più importante e caratteristico è la diminuzione della partecipazione degli Stati Uniti, dell'Unione Europea e del Giappone nel Prodotto Lordo Mondiale. La zona euro non ha più la seconda posizione, è scesa alla terza, mentre la seconda posizione è occupata dalla Cina. Vi è una maggiore partecipazione di Cina e India nel Prodotto Lordo Mondiale, mentre la quota di Brasile, Russia e Sudafrica si mantiene stabile.
 
Per quanto riguarda il capitale che costituisce lo stock di Investimenti Esteri Diretti, è significativa la tendenza al rafforzamento dei capitali di origine o con destinazione finale le economie emergenti del gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). La Cina si è rafforzata come destinazione degli Investimenti Esteri Diretti e sta aumentando la sua quota nello stock di FDI soprattutto dopo lo scoppio della crisi capitalista nel 2008. Come esportatore di capitali sta aumentando la sua quota nei flussi in uscita mondiali di FDI che si è più che raddoppiata nel periodo 2007-2009 e si è mantenuta ad un livello elevato.
 
D'altra parte, tende a ridursi la partecipazione delle economie capitaliste sviluppate rispetto all'entrata e l'uscita di capitali dal FDI dopo lo scoppio della crisi. Naturalmente non perderanno la loro supremazia (mantenendo una distanza dal gruppo precedente di paesi) visto che nel mezzo della crisi la maggior parte si dirige o proviene dagli Stati Uniti e dai paesi dell'Unione Europea.
 
Una tendenza simile si sta sviluppando per quanto riguarda la partecipazione nelle importazioni ed esportazioni di merci. La partecipazione della Cina si sta costantemente rafforzando rispetto alla totalità delle esportazioni di merci così come nel complesso delle importazioni. La quota corrispondente dell'India si sta rafforzando ma ad un ritmo molto più lento, mentre la Russia, la Corea del Sud e il Sudafrica si stanno muovendo con un ritmo costantemente crescente.
 
Gli unici paesi dell'OCSE che superano gli Stati Uniti nella produttività (volume di produzione per unità di tempo) sono la Norvegia, l'Irlanda, il Lussemburgo e si avvicinano Germania, Francia, Belgio e Paesi Bassi.
 
Nelle Tesi del 19° Congresso si sottolinea che le variazioni del rapporto di forza tra gli Stati capitalisti aumentano la possibilità di un cambiamento generale nella posizione della Germania in relazione al tema delle relazioni euro-atlantiche e al riordinamento degli assi imperialisti. I fattori decisivi di questo sviluppo sono da un lato le relazioni d'interdipendenza delle economie degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, dall'altro l'antagonismo tra l'euro e il dollaro come monete di riserva internazionale e il rafforzamento della cooperazione tra la Russia e la Cina.
 
Sulla posizione della Grecia nel sistema imperialista
 
Coloro che parlano di subordinazione e di occupazione non riconoscono l'esportazione di capitali dalla Grecia (una caratteristica del capitalismo nella sua fase imperialista), che fu significativa prima della crisi e non si è ridotta in condizioni di crisi. L'esportazione di capitali si svolge per investimenti produttivi in ​​altri paesi e, naturalmente, nelle banche europee fino a creare le condizioni che garantiscono il processo di massimo profitto. Vedono la scarsità di capitale, invece della sovra-accumulazione.
 
Non vedono il problema della sovra-accumulazione, perché poi sarebbero costretti ad ammettere la natura della crisi economica capitalistica che farebbe saltare in aria la loro proposta politica pro-monopolista. I partiti borghesi così come gli opportunisti, nonostante le differenze parziali tra di loro, sostengono la difesa della competitività dei monopoli nazionali che inevitabilmente pongono alla ribalta le ristrutturazioni reazionarie, garantiscono una forza lavoro più economica, intensificano l'intimidazione statale, la repressione e l'anticomunismo e allo stesso tempo concentrano l'attenzione sull'espansione del capitale greco nella regione (Balcani, Mediterraneo Orientale, area del Mar Nero). Si tratta, tra le altre cose, del circolo vizioso che conduce ad un nuovo e più profondo ciclo di crisi.
 
Lenin nella sua opera sull'imperialismo aggiunse che il confronto non può essere fatto tra paesi capitalisti sviluppati e arretrati ma tra l'esportazione di capitale, una questione che gli opportunisti ovunque non vogliono e non osano riconoscere in quanto confuta la loro posizione che considera la Grecia sotto occupazione, come una colonia.
 
Questi dati confermano inoltre che da questo punto di vista la lotta contemporanea deve avere un indirizzo antimonopolista, anticapitalista, che in nessun caso può esser solo antimperialista con il contenuto che danno gli opportunisti a questo termine, che identificano l'imperialismo con la politica estera aggressiva, con la diseguaglianza di relazioni, con la guerra, con la cosiddetta questione nazionale, slegata dallo sfruttamento di classe, dai rapporti di proprietà e di potere.
 
E' un fatto certo che l'adesione di un paese ad una alleanza interstatale imperialista, anche con una forma più avanzata come l'Unione europea, limita alcune capacità di manovre tattiche dal punto di vista della borghesia. Per esempio, riduce al minimo i margini e le possibilità di manovra nella politica monetaria in quanto questa è posta sotto la giurisdizione della Banca Centrale Europea. Ma questo problema non ha a che vedere solamente con il periodo della crisi, giacché avevano firmato accordi tra gli Stati membri molto prima - 20 anni prima dello scoppio della crisi nella zona euro - in base ai quale sui diritti nazionali-statali consapevolmente si riconosce il primato del diritto europeo, in molti casi, a prescindere dal fatto che la zona euro e l'Unione europea, in generale, non hanno una forma federale. Questa tendenza, precisamente, va a dimostrare che l'interesse di classe della borghesia si esprimerà nella promozione di elementi di federalizzazione dell'Unione Europea, se si superano le rispettive divergenze inter-imperialiste.
 
La situazione in Africa, nelle regioni dell'Eurasia e del Medio Oriente conferma che tutti i paesi capitalistici sono integrati nel sistema imperialista internazionale, indipendentemente dal fatto se hanno la capacità di assumersi la responsabilità della realizzazione di una politica espansionistica. In ogni caso, il 20° e il 21° secolo dimostrano che anche gli Stati Uniti, la principale potenza imperialista, non sono in grado di gestire in modo indipendente gli affari mondiali dell'imperialismo senza il molteplice aiuto e il sostegno dei suoi alleati, se non forma alleanze almeno temporanee. La Grecia non è solamente uno stato membro dell'Unione Europea e della NATO: è un paese con un'alleanza di importanza strategica per gli Stati Uniti, per la sua posizione geografica di crocevia di tre continenti Europa, Asia e Africa; è un'importante base militare per il lancio di attacchi e di fornitura per le operazioni militari; è un paese attraverso e al lato del quale passano i gasdotti e gli oleodotti per il petrolio e il gas naturale. Nel corso del 20° secolo così come del 21°, quando sia stato necessario, ha aiutato le operazioni di guerra e di mantenimento della pace imperialista, così come nel caso della guerra in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Libia, con forze militari, mostrando anche la sua disponibilità in caso di guerra contro la Siria.
 
Pertanto, la posizione del KKE che la Grecia fa parte del sistema imperialista, che è organicamente integrata e che svolge un ruolo attivo nella guerra come alleato degli attori principali, è del tutto giustificata. Si tratta di una decisione a favore degli interessi della borghesia che, infatti, ha chiamato due volte l'imperialismo britannico e statunitense per schiacciare il popolo armato con forze militari, armi e operazioni militari.
 
Gli opportunisti contemporanei quando vogliono evidenziare la necessità che la loro borghesia non sia il "parente povero" in termini di ripartizione del mercato, ricordano la questione nazionale, ma quando si tratta della questione della lotta per il socialismo dichiarano che il socialismo o sarà mondiale o non potrà esser fatto in un solo paese. Rinunciano alla lotta a livello nazionale, vale a dire che rifiutano la necessità di acutizzare la lotta di classe, la necessità di preparare il fattore soggettivo in condizioni di situazione rivoluzionaria.
 
La lotta per la liberazione dell'uomo da ogni forma di sfruttamento, la lotta contro la guerra imperialista non può avere uno sviluppo positivo se non si combina con la lotta contro l'opportunismo. A prescindere dalla forza politica dell'opportunismo in ogni paese, questa non deve esser sottovalutata, o giudicata con criteri parlamentari in quanto la radice dell'opportunismo è proprio nel sistema imperialista stesso perché la borghesia, quando si rende conto che non riesce a gestire i propri affari con stabilità, si appoggia all'opportunismo come una visione generalizzata, come partito politico, al fine di guadagnare tempo per riorganizzare il sistema politico borghese, minando la continua crescita del movimento operaio rivoluzionario. La concentrazione delle forze, l'alleanza della classe operaia con i settori popolari poveri dei lavoratori autonomi oggettivamente devono svilupparsi in una direzione fortemente antimonopolista e anticapitalista, deve dirigersi alla conquista del potere operaio. L'indirizzo antimonopolista, anticapitalista esprime il compromesso necessario ma avanzato tra gli interessi della classe operaia di eliminare tutte le forme di proprietà capitalistica - grande, media e piccola - e gli strati che sono oscillanti a causa della loro natura (per la loro posizione nell'economia capitalistica) che hanno l'interesse dell'abolizione dei monopoli, della socializzazione dei mezzi di produzione concentrati, mentre allo stesso tempo sono pregni dell'illusione di avere interesse per la piccola proprietà privata. Non possono capire che i loro interessi a lungo termine possono essere soddisfatti solo dal potere socialista. L'illusione che qualsiasi altro compromesso può aver successo nelle condizioni del capitalismo monopolistico, vale a dire la fase imperialista del capitalismo, è dannosa, utopica, inefficiente.
 
Il KKE in condizioni in cui non vi è una situazione rivoluzionaria, ha come obiettivo non solo di prevenire la spirale discendente, non solo di ottenere alcune concessioni temporanee, ma anche di preparare il fattore soggettivo, vale a dire, il partito della classe operaia e dei suoi alleati, per svolgere i compiti strategici nella situazione rivoluzionaria. In Grecia nella situazione data, è possibile che si creino le precondizioni e gli sviluppi rivoluzionari, seppur non prevedibili visto che bisogna tenere in conto l'approfondimento della crisi economica e l'acuirsi delle contraddizioni interimperialiste che giungono al punto dei conflitti militari. Nelle condizioni della situazione rivoluzionaria il ruolo della preparazione organizzativa e politica dell'avanguardia del movimento operaio, del Partito Comunista, è fondamentale per l'aggregazione e l'orientamento rivoluzionario della maggioranza della classe operaia, in particolare del proletariato industriale, e per attirare i settori trainanti degli strati popolari.
 

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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