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Incontro dei Partiti comunisti e operai dei Balcani: Contributo introduttivo della Segretaria generale del KKE Aleka Papariga


Incontro dei Partiti comunisti e operai dei Balcani - Salonicco 26 gennaio 2013
Tema: Lo sviluppo della lotta di classe e dell'internazionalismo proletario come risposta al nazionalismo borghese e al pericolo della guerra imperialista

Contributo introduttivo della Segretaria generale del KKE Aleka Papariga
 
Il 26 gennaio 2013 si è svolto a Salonicco su iniziativa del KKE, un Incontro di 10 Partiti Comunisti e Operai provenienti da 7 paesi balcanici: Albania, Bulgaria, Croazia, FYROM, Grecia, Serbia e Turchia. La Segretaria Generale del Comitato Centrale del KKE, Aleka Papariga ha pronunciato il discorso introduttivo. E' stata approvata una risoluzione congiunta a conclusione dell'Assemblea.
 
 
26/01/2013
 
Cari compagni,
 
Vi diamo il benvenuto ai lavori della riunione dei Partiti Comunisti e Operai dei Balcani di Salonicco, organizzata su iniziativa del KKE. Riteniamo la vostra presenza alla riunione molto importante, non solo perché è una nuova occasione di scambio di informazioni ed esperienze e per coordinare la nostra azione militante, ma anche perché la vostra partecipazione è espressione concreta della solidarietà dei comunisti dei Balcani con le lotte dei lavoratori greci. Lotte che vengono condotte nelle condizioni di profonda crisi del capitalismo, di cui la classe borghese sta cercando di scaricare il peso sulle spalle dei lavoratori.
 
Negli ultimi anni, in cui la crisi va svolgendosi, milioni di lavoratori si trovano faccia a faccia con le sue gravi conseguenze, sperimentando in prima persona le difficoltà del modo di produzione capitalistico. Centinaia di migliaia di lavoratori hanno perso il posto di lavoro, mentre salari, pensioni e servizi pubblici vengono drasticamente ridotti. La causa di questi eventi non risiede nel dogmatico attaccamento dei partiti di governo al "neoliberismo", come sostiene il partito ora ufficialmente di opposizione, SYRIZA. Né è dovuto alla "incompetenza" di chi governa o al suo "tradimento", come quasi tutti i partiti di opposizione sostengono, con l'eccezione del KKE. Il nostro Partito non è d'accordo con queste altisonanti valutazioni sulle cause della dura realtà vissuta dai lavoratori nel nostro paese, in quanto sono estremamente superficiali e senza alcuna base scientifica.
 
Se i lavoratori, non solo in Grecia, ma in tutto il mondo, non afferrano le cause della crisi del capitalismo, delle sue tragiche conseguenze, ne saranno sempre vittime. Resteranno le "cavie di laboratorio" su cui lo staff borghese sperimenta la riorganizzazione della scena politica, proponendo nuove "formule" per la gestione del sistema, che non esita a definire di "sinistra" e "radicali", ma che in realtà ridanno ossigeno al sistema capitalista.
 
Le cause dei problemi che i lavoratori vivono sulla propria pelle, si trovano nella natura del sistema, in cui tutto funziona e si muove per il profitto, per la redditività del capitale. Una redditività che può essere salvaguardata solo attraverso un maggior e più intenso sfruttamento della classe lavoratrici e dei ceti popolari. Fino a quando la società ha come "forza motrice" il profitto dei capitalisti, i lavoratori sperimenteranno le conseguenze di una legge scientifica, chiamata crisi economica capitalista. L'inevitabilità della crisi si trova nel DNA del capitalismo: si rinviene nel carattere di merce assegnato alla produzione capitalistica, nella sua anarchia e irregolarità, nella contraddizione tra capitale e lavoro, nella contraddizione tra il carattere sociale della produzione e l'appropriazione privata dei suoi risultati causata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione. La ricerca di sempre maggior profitto determina la tendenza alla progressiva riduzione del saggio medio di profitto. Da questo punto di vista, è quantomeno ingenuo credere nell'esistenza di una ipotetica gestione della crisi a favore del popolo o di "sinistra", sostenendo che sia possibile garantire profitti per il capitale e, allo stesso tempo, "mettere le persone al di sopra dei profitti".
 
Come è noto il nostro Partito, in particolare negli ultimi anni, ha dovuto ingaggiare un forte  conflitto politico ideologico contro le proposte di partecipare a un governo di "sinistra" per la salvezza del capitalismo, che agli occhi di una parte importante della classe operaia e dei ceti popolari è percepita come "via d'uscita" dalla crisi favorevole al popolo. Noi non cediamo! Continuiamo la lotta per "sradicare" questa menzogna dalla coscienza del popolo, diffusa dal governo e dall'opposizione. Né la pazienza e la sopportazione per le misure antipopolari né il cambiamento dell'attuale governo tripartito con un presunto governo di "sinistra" o "patriottico", possono umanizzare il capitalismo e indurlo a interessarsi delle sorti dei lavoratori, dei contadini poveri e dei lavoratori autonomi. Il potere borghese pervade le istituzioni, risiede nei suoi gangli aperti e occulti, che operano indipendentemente da quale partito borghese sia al governo, indipendentemente dalla maggioranza parlamentare formata. La crisi dimostra i limiti storici di questo sistema. La necessità e l'opportunità del socialismo è più che mai evidente per i lavoratori.
 
Tali questioni, ossia quale sia la reale alternativa per i lavoratori, la linea per l'unione della classe operaia e gli strati popolari, di quale partito abbiamo bisogno oggi, saranno le domande fondamentali del prossimo 19° Congresso del nostro Partito, che si terrà tra l'11 e il 14 aprile.
 
Compagni,
 
Nella battaglia che stiamo conducendo non dobbiamo trascurare che la crisi non è semplicemente in corso, ma oramai la recessione sta abbracciando e coinvolgerà nuovi paesi. Si sta acuendo la competizione tra le potenze imperialiste, tra i monopoli, per il controllo delle materie prime, delle loro vie di trasporto, per le quote di mercato. Così, in questi giorni è in fase di completamento l'installazione di una serie di missili patriot della NATO sulle frontiere di Turchia-Siria. Questo è un dato di fatto che ci approssima a un aperto coinvolgimento militare della NATO nell'intervento imperialista, dispiegato in Siria da un anno e mezzo. In questo lasso di tempo, sono in corso grandi esercitazioni militari russe nella regione del Mediterraneo orientale, già affollato di navi statunitensi e della NATO. Israele, insieme alla NATO, sta inoltre preparando un'esercitazione con l'impiego di 100 aerei da guerra. Un'operazione che è stata denunciata dal KKE come quelle effettuate da Israele in Grecia, perché puzzano di avventura imperialista contro l'Iran. Il confronto, che va concretizzandosi, può abbracciare la più ampia regione che va dal Medio Oriente al Nord Africa e il Golfo Persico, fino ai Balcani, al Caucaso e al Mar Caspio. In questi giorni la Francia sta trascinando nel sangue il popolo del Mali con l'approvazione dell'Unione europea e con il pretesto della "repressione del terrorismo". Questa offensiva è frutto della concorrenza tra i centri imperialisti e le potenze emergenti del capitalismo per la spartizione dei mercati, delle risorse energetiche, delle vie di trasporto.
 
E naturalmente, come in passato, le classi borghesi degli altri Stati capitalisti - che hanno una posizione intermedia nel sistema imperialista - sono coinvolte in varia misura nei confronti delle classi borghesi dei paesi capitalisti più forti. Questo è vero indipendentemente dal colore dei partiti in questi paesi, borghesi, riformisti e opportunisti.
 
Gli imperialisti usano qualsiasi pretesto per ottenere il sostegno o almeno la tolleranza del popolo alle guerre imperialiste: per "fermare la pulizia etnica", per presunti "motivi umanitari" (come nel caso della guerra contro la Jugoslavia), "contro il terrorismo" e per "consentire alle donne di abbandonare il burqa" (come ci hanno detto nella guerra contro l'Afghanistan), "in modo che le armi di distruzione di massa non siano utilizzate" (nella guerra contro l'Iraq) o anche "per sostenere la primavera araba" (come nel caso della Libia, e ora, in occasione degli sviluppi sanguinosi in Siria).
 
In queste condizioni vediamo le classi borghesi e i governi dei Balcani che partecipano attivamente ai piani imperialisti. In alcune occasioni forniscono territori, spazio aereo e marittimo, in altre occasioni provvedono forze armate, truppe.
 
Allo stesso tempo, queste sono le stesse forze che di volta in volta indossano il "costume" dell'irredentismo. La classe borghese greca, anche ora che si trova in una situazione di crisi, non ha mai smesso di sentire i "Balcani", come un cortile di Atene. Le esenzioni fiscali concesse alla borghesia greca, vengono investite negli altri paesi dei Balcani, dove, attualmente, sono possibili importanti margini di profitto. Allo stesso modo, la classe borghese della Turchia, con il governo Erdogan e il "neo-ottomanismo", sta cercando di intrappolare i lavoratori in un programma di rafforzamento del ruolo della borghesia turca, non solo in ambito regionale ma anche negli affari mondiali, svolgendo peraltro un ruolo molto sporco per quanto riguarda la Siria, oltre a promuovere rivendicazioni a scapito della Grecia nel Mar Egeo. Le posizioni recentemente espresse da Berisha in Albania sono anch'esse pericolose, in quanto contengono rivendicazioni territoriali a danno di molti Stati vicini, in nome di una "Grande Albania". Richieste simili sono promosse in Romania a spese della Moldova e Ucraina. E mentre nel nostro paese l'acuirsi del nazionalismo è al momento collegato, con il pretesto del problema dell'immigrazione, alla crescita del partito razzista nazista "Alba dorata", in altri paesi, come in Albania e anche in Romania vediamo che è collegato all'ambizione di annettere territori.
 
In ogni caso, il rafforzamento del nazionalismo borghese, dell'irredentismo, delle forze nazionalfasciste, in tutte le manifestazioni, è oggettivamente integrato, spesso in modo programmatico e operativo, ai piani della borghesia per ostacolare lo sviluppo della lotta di classe e di assimilazione della classe operaia e del suo movimento nel capitalismo. Al fine di raggiungere questo obiettivo, la borghesia si rivolge ai lavoratori utilizzando la metafora del "siamo tutti sulla stessa barca" o argomentazioni legate al "patriottismo", all'interesse comune per la "competitività dell'economia nazionale". Questi appelli spingono i lavoratori a dimenticare che in questa "barca comune", la maggioranza delle persone è in "sala macchine" per garantire, al prezzo di lacrime e sangue, la navigazione e i beni al suo interno; mentre un gruppo molto piccolo si gode il sole sul ponte, senza nemmeno muovere un dito! La borghesia vuole farci dimenticare la contraddizione di fondo che permea la società nel suo complesso. E non si ferma qui: chiede alla classe operaia e agli strati popolari di smettere di lamentarsi, e di sopportare ogni misura antipopolare con pazienza, in modo che la nostra supposta "barca comune" possa crescere ancora di più. E in effetti promettono che se questo accadrà, i lavoratori vivranno meglio.
 
Tuttavia, qual è la realtà? Sarà di aiuto ai lavoratori sostenere la classe borghese del proprio paese, mostrando ad esempio sopportazione davanti alle misure antipopolari, in modo da poter stimolare la redditività dei monopoli, che trasformeranno la fatica dei lavoratori in nuove esportazioni di capitali? I lavoratori dovrebbero marciare insieme con la classe borghese di ciascun paese per l'annessione di territori vicini?
 
L'esperienza ci ha insegnato che l'accettazione di questi argomenti da parte dei lavoratori in nessun caso porterà ad una vita migliore, anzi. La prova tangibile di ciò non è maturata di recente, ma è legata alle esperienze di tutto il 20° secolo. I lavoratori, se arrivano a comprendere che oggi ciascun paese capitalista, in relazione alle sue dimensioni, alla sua forza (economica, politica, militare), attraversa la fase del capitalismo monopolistico, la fase imperialista e finale del capitalismo, si renderanno conto che essi stessi non hanno nulla da guadagnare dal cambiamento della posizione del proprio paese nell'ambito di un'alleanza imperialista, per esempio all'interno della UE, o nell'ambito della "piramide" imperialista. Oggi anche nei paesi capitalisti più forti, come gli Stati Uniti e la Germania, ci sono milioni di disoccupati e sotto-occupati, incapaci di garantirsi il minimo per la soddisfazione dei bisogni relativi alla salute, all'istruzione, alla sicurezza sociale, all'abitazione, ecc. Anche i paesi che mantengono vestigia pre-capitaliste o paesi che non fanno parte di una specifica unione imperialista regionale o globale, sono anch'essi oggettivamente integrati e funzionano nel quadro del sistema imperialista internazionale.
 
Ancor di più, la classe operaia non ha alcun interesse a partecipare ai conflitti, nelle operazioni e nelle avventure di conquista dei territori, e più in generale nelle guerre imperialiste che sono in preparazione e possono provocare un pericoloso effetto "domino" con cruenti e sanguinosi cambi di confine nella nostra regione.
 
Da questo punto di vista, l'organizzazione della lotta popolare contro la partecipazione a nuove guerre imperialiste è un dovere importante per noi: contro la partecipazione delle forze armate dei nostri paesi, contro l'uso della terra, dello spazio aereo e marittimo in tutte le guerre imperialiste, e in particolar modo contro quelle in preparazione in Siria e Iran che sembrano essere all'ordine del giorno in questo momento. Deve esser rafforzata la lotta contro l'uso delle basi USA-NATO nella nostra regione per i nuovi conflitti e interventi imperialisti. Da questo punto di vista consideriamo di grande rilevanza l'iniziativa del TKP programmata la prossima settimana a Istanbul contro l'intervento militare della NATO in Siria, a cui parteciperà il nostro Partito.
 
Non dobbiamo permettere che la classe borghese trascini i popoli in nuove avventure irredentiste, avanzando questioni relative alle minoranze esistenti o inesistenti, al fine di raggiungere i loro obiettivi. I diritti delle minoranze nazionali e religiose nei Balcani devono essere rispettati: le minoranze devono essere motivo per gettare "ponti di amicizia" tra i popoli, e non motivo di carneficine.
 
I lavoratori non devono cessare la loro lotta, non devono mettersi al servizio degli obiettivi che il capitale ha in ogni paese. L'appello alla "patria", alla sua "difesa", quando viene dalla classe borghese, è del tutto ipocrita. Come la storia stessa ha dimostrato, la borghesia non esita a contrattare e cedere i diritti sovrani del proprio paese alle unioni imperialiste interstatali con l'obiettivo fondamentale di rafforzare la redditività del capitale e il suo potere. Gli appelli della classe borghese ai lavoratori di sostegno "alla patria, per uscire dalla crisi e diventare più forti", come ci dicono in Grecia, o anche di "allargamento", come abbiamo inteso in Albania e Romania, sono estremamente pericolosi. I Partiti comunisti devono aprire un fronte contro questi appelli, perché la lotta per l'indipendenza, per i diritti di sovranità di ogni paese è oggi inestricabilmente connessa con la lotta della classe operaia per il potere.
 
Abbiamo un potente strumento nelle nostre mani: il principio dell'internazionalismo proletario che mostra la strada per l'unità, l'unione di classe di tutti i lavoratori dei Balcani e di tutto il mondo. L'unione della classe operaia all'interno di ogni paese e la lotta per il rovesciamento del potere del capitale.
 
Azione comune, coordinamento della lotta di classe nella propria regione, e, a livello internazionale, contro il capitale e le unioni imperialiste.
 
Questo è uno dei compiti fondamentali dei Partiti comunisti, al centro della nostra attenzione.
 
Siamo ben consapevoli delle difficoltà. Sappiamo che il movimento comunista deve affrontare una crisi prolungata dopo la controrivoluzione. Ma noi abbiamo l'obbligo di superare noi stessi, lottare contro le debolezze e insistere sulla linea della riaggregazione rivoluzionaria del movimento comunista, rafforzando l'attività politico-ideologico e di massa dei nostri Partiti, rinsaldando i legami con la classe operaia e i ceti popolari, acquisendo e sviluppando la teoria marxista-leninista, la strategia rivoluzionaria.
 
Cari compagni!
 
Noi, i comunisti, dobbiamo contribuire con la nostra lotta, con le nostre posizioni in modo che i lavoratori comprendano che l'imperialismo non è solo una politica estera aggressiva che il governo di uno o dell'altro paese, più o meno grande, può adottare! L'imperialismo è il capitalismo monopolistico, l'economia capitalista globale, il capitalismo in decomposizione che non ha nulla da offrire ai lavoratori e in cui sono coinvolti tutti i paesi in base alla loro forza.
 
In nessun caso è dato che la politica sia disgiunta dall'economia! Questa relazione si basa sulla nascita e il rafforzamento dei monopoli, sul loro ruolo in costante aumento non solo in campo economico, ma anche nel funzionamento politico degli stati capitalisti.
 
Gli stati capitalisti imperialisti formano unioni interstatali come la NATO e l'UE. Il KKE, in opposizione alle forze opportuniste, che in Europa si addensano attorno al cosiddetto "Partito della Sinistra Europea", ritiene che l'Unione europea imperialista non può essere trasformata in una "Europa dei popoli", perché dal primo momento della sua fondazione è nata per servire gli interessi dei monopoli europei. Né la NATO può dissolversi da sé, come affermano le forze opportuniste, né il sistema imperialista può evitare le guerre imperialiste attraverso la presunta "democratizzazione delle relazioni internazionali", una nuova "architettura" o il cosiddetto "mondo multipolare", che in realtà evidenzia l'acuirsi delle contraddizioni interimperialiste.
 
Cari compagni,
 
La valutazione del KKE è chiara: è indispensabile la lotta del popolo per il disimpegno dalla NATO, dall'Unione europea, da ogni unione imperialista. L'esito positivo di tale lotta, può essere garantito solo dal potere della classe operaia che spezza le "catene" imperialiste, affrancando il paese dalle grinfie dei monopoli nazionali ed esteri e delle loro unioni.
 
Solo sul terreno del potere della classe operaia-popolare, sul terreno del socialismo i popoli possono vivere in pace, in modo creativo e utilizzare a proprio vantaggio, per la soddisfazione dei propri bisogni, le risorse naturali che saranno di proprietà del popolo.
 
La restaurazione capitalista non abolisce la necessità della lotta per il socialismo. Al contrario, la porta nuovamente in primo piano.
 
La nostra lotta deve convergere su questo, deve essere coordinata a livello globale e regionale e nei Balcani in modo che i nostri colpi contro l'imperialismo e le sue unioni diventino più forti ed efficaci.
 
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Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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