12° IMCWP: Intervento di G. Marinos, membro dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale del KKE
12° IMCWP - Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai
3-5/12/2010 - Tshwane - Sudafrica
Desideriamo ringraziare il PC sudafricano per aver ospitato l'incontro internazionale e per l'accoglienza offerta.
Inviamo militanti saluti comunisti alle donne e agli uomini d'Africa, ai movimenti antimperialisti, al popolo del continente che ha conosciuto la barbarie del capitalismo in tutte le sue forme. Ci rallegriamo che l'Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai si svolga per la prima volta nel continente africano.
Salutiamo le delegazioni dei Partiti Comunisti e Operai e li ringraziamo per la solidarietà espressa con le lotte del KKE, del PAME e della classe operaia del nostro paese.
Gli sviluppi hanno accresciuto le aspettative nei nostri confronti. L'opera dell'Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai deve distinguersi per la seria responsabilità che i comunisti assumono verso la classe operaia e i popoli che devono affrontare il feroce assalto del capitale e dei suoi rappresentanti politici, un assalto che nelle condizioni della crisi del capitalismo è diventato più intenso e pericoloso.
Noi non siamo una qualsiasi forza politica, siamo partiti comunisti. Noi abbiamo una missione specifica: organizzare la lotta della classe operaia, la lotta di classe, con l'obiettivo di rovesciare il sistema di sfruttamento in ogni paese e promuovere la costruzione di una nuova società socialista-comunista.
Per questo motivo siamo tenuti condividere le nostre esperienze di lotta e applicarle per far progredire strategia e tattica del movimento comunista internazionale, coerentemente alle esigenze della lotta di classe.
La crisi capitalista persiste e si acuisce. Nonostante l'intervento degli stati borghesi e delle organizzazioni imperialiste che hanno sostenuto i monopoli a suon di miliardi di dollari, le contraddizioni del sistema non possono essere controllate.
La recessione del 2009 è continuata quest'anno e in molti stati capitalisti continuerà nel 2011. Le stime di una ripresa anemica e del prodursi delle precondizioni per una nuova crisi, pongono sulle nostre spalle delle immense responsabilità.
A livello internazionale, la disoccupazione ha superato qualsiasi precedente storico.
Il numero dei disoccupati ha superato i 23 milioni negli stati della UE, senza contare i milioni di lavoratori a part-time o con contratti temporanei.
Per i comunisti è determinante, anzi vitale, avere un punto di vista comune sulle cause della crisi, proprio perché su questo problema cruciale si è scatenata una feroce battaglia ideologica e politica, correlata alla direzione e al futuro della lotta di classe.
Le forze borghesi che difendono il capitalismo affermano che la crisi sia stata causata dalla "gestione", dalla mancanza di controllo sul sistema finanziario, dall'eccesso di spesa dello stato borghese, dalla scarsa trasparenza delle politiche economiche.
Le forze socialdemocratiche e opportuniste operano all'interno di questa logica "amministrativa". Limitano le loro critiche al neo-liberismo e cercano la soluzione attraverso lo sviluppo del sistema medesimo e la regolazione dei mercati. Favoriscono così l'illusione del capitalismo "dal volto umano" per ingannare i lavoratori.
Purtroppo queste posizioni o posizioni analoghe stanno influenzando le fila del movimento comunista, causando gravi danni. Anziché imputare la situazione ai rapporti di sfruttamento della produzione, alle leggi e alle contraddizioni del capitalismo attribuiscono la crisi alle diverse "combinazioni" delle politiche amministrative borghesi.
L'analisi marxista-leninista porta alla ragionevole conclusione che evidenzia come le cause della crisi siano da rinvenirsi al fulcro del sistema: nelle condizioni della produzione capitalistica, nella sua anarchia, nel suo sviluppo ineguale, nell'inasprimento della contraddizione fondante tra il carattere sociale della produzione e del lavoro e la forma individuale-capitalista di appropriazione, in quanto i mezzi di produzione sono nelle mani dei capitalisti.
Lo sviluppo della crisi dimostra come si tratti di una crisi di sovraccumulazione di capitale che nell'ultimo periodo è andata intensificandosi in virtù di uno sfruttamento della forza lavoro in condizioni di crescita economica capitalista.
Questa è la situazione che stiamo vivendo oggi in Grecia.
Il rallentamento dell'economia, emerso nel 2008, evolutosi nel 2009 in recessione economica con la riduzione del prodotto interno lordo (PIL) del 2%, è proseguito nel 2010 con una ulteriore riduzione del 4% che continuerà nel 2011.
Ci riferiamo a una riduzione della produzione industriale (manifatturiero, energia, trasporti, telecomunicazioni) e di altri settori e rami dell'economia, quali il settore turistico e il commercio al dettaglio, che in combinazione con le politiche antipopolari dei governi socialdemocratici e liberali provoca un aumento della disoccupazione e più in generale il peggioramento delle condizioni di vita della classe operaia, dei piccoli e medi agricoltori, dei piccoli commercianti e artigiani.
Il governo liberale di Nuova Democrazia [ND] che era al potere fino all'ottobre 2009 e successivamente il governo socialdemocratico del PASOK, sostenuto dal partito reazionario e razzista LAOS, ha adottato aspre misure antipopolari usando come pretesto il deficit e il debito pubblico, che è una parte importante del PIL.
Il governo socialdemocratico ha firmato un accordo, un memorandum, con l'Unione europea, la Banca centrale europea e il Fondo Monetario Internazionale (la cosiddetta "troika") per garantire un prestito di 110 miliardi di euro volto a soddisfare le esigenze dei capitalisti.
Il memorandum dispone, tra l'altro, la riduzione dei salari e delle pensioni, l'abolizione dei contratti collettivi di lavoro di settore, il rovesciamento dei diritti sul lavoro e di previdenza sociale, le privatizzazioni, le regressioni reazionarie nel settore della sanità, del welfare e dell'istruzione.
Questa situazione ha innescato un intenso malcontento popolare e mobilitazioni di massa in cui il KKE e il PAME, il movimento sindacale di classe, hanno svolto il ruolo di primo piano.
Dal dicembre 2009 fino ad oggi ci sono stati 13 scioperi generali, decine di occupazioni di ministeri e altri edifici governativi, numerose azioni di settore e lotte con la partecipazione di centinaia di migliaia di lavoratori.
Il messaggio del KKE "Popoli d'Europa, sollevatevi", lanciato dall'Acropoli riveste un'importanza cruciale.
La ricca esperienza acquisita in questo periodo ci consente di trarre valide conclusioni.
In primo luogo: le misure antipopolari non sono il prodotto di questo periodo. Si tratta di misure che erano state decise in seno all'Unione europea e altre organizzazioni imperialiste internazionali, con la partecipazione dei governi greci e gli altri governi borghesi negli anni precedenti, nel quadro delle ristrutturazioni capitalistiche con il fine di ridurre il costo della forza lavoro, rafforzare la competitività e aumentare la redditività delle grandi società. La visione che l'UE, unione interstatale imperialista, avrebbe potuto impedire lo scoppio della crisi del capitalismo si è dimostrata estremamente pericolosa. È stato anche dimostrato che non è correlata esclusivamente alla specifica situazione in Grecia. Gli sviluppi in Irlanda e Portogallo rivelano che lo scoppio della crisi ha un carattere generale.
Queste misure, imposte durante la crisi, non sono temporanee ma permanenti e saranno rafforzate ulteriormente in base alle esigenze del capitale se non incontrano una adeguata resistenza.
E' indiscutibile la seguente conclusione: finché il potere dello Stato e i mezzi di produzione saranno nelle mani dei capitalisti, lo sviluppo rafforzerà la loro posizione e cresceranno i profitti del capitale.
Sia nell'ambito di politiche di finanza pubblica restrittive o espansionistiche, con la rinegoziazione del debito, le contraddizioni si acuiscono e i popoli saranno chiamati a sopportare i costi della crisi.
In secondo luogo: il governo socialdemocratico del PASOK ha assunto la responsabilità principale delle misure, ma il partito liberale ND e gli altri partiti borghesi sono sostanzialmente d'accordo.
Le forze opportuniste (SYN/SYRIZA) seminano confusione, giustificano l'Unione europea, che è un'unione imperialista interstatale, e concentrano le loro critiche sul ruolo del Fondo Monetario Internazionale. Nelle attuali condizioni è fondamentale che coloro che lottano in prima linea con i comunisti abbiano ben chiaro che le misure antioperaie della UE e del FMI non vengono imposte ai governi borghesi contro la loro volontà e i loro interessi. Al contrario, queste misure hanno il pieno sostegno della plutocrazia nazionale perché garantiscono il mantenimento della redditività nel periodo di crisi come nella ripresa. Inoltre la loro attuazione non produce nuove forme di occupazione come alcune forze sostengono, negando in sostanza la colpevolezza delle classi borghesi dei loro paesi e dei loro governi.
Il sindacalismo concertativo con i padroni e i governi ha responsabilità criminali. Esso controlla le amministrazioni delle due confederazioni generali (nel settore pubblico e privato) e ha la maggioranza in un gran numero di organizzazioni sindacali, utilizzando sia i meccanismi dello Stato e che l'intervento dei datori di lavoro.
Queste forze hanno sostenuto la via europea a senso unico per anni, la strategia del capitale, dando attuazione alla linea della collaborazione di classe.
In terzo luogo, il KKE e il movimento di classe sono le forze coerenti che stanno al fianco del popolo e organizzano la lotta per fronteggiare le gravi difficoltà e gli attacchi anticomunisti.
Il KKE ha prontamente informato e preparato i lavoratori sulla crisi e l'assalto antioperaio e antipopolare. Ha precisato che i lavoratori non sono responsabili della crisi, del debito e del deficit, di cui invece sono responsabili le forze del capitale e le politiche che ne servono gli interessi. Sintetizza questa posizione politica lo slogan "La plutocrazia deve pagare per la crisi".
Il KKE e il PAME svolgono il ruolo di avanguardia nelle lotte quotidiane e combattono contro l'Unione europea imperialista, contro i partiti borghesi e opportunisti, contro le forze riformiste sottomesse all'interno nel movimento sindacale.
Focalizzano gli sforzi sull'unità della classe operaia e l'alleanza sociale. Operano per far confluire la classe lavoratrice e le forze popolari su una linea comune in conflitto con il percorso di sviluppo capitalista e nella direzione di un percorso di sviluppo che abbia come criterio la soddisfazione dei bisogni del popolo, il potere popolare e l'economia del popolo: il socialismo.
Un elemento molto importante è il coordinamento della lotta del PAME e degli altri raggruppamenti militanti dei piccoli agricoltori, artigiani e commercianti, del movimento femminista, del movimento studentesco sulla base di un quadro comune di lotta che contribuisce alla mobilitazione di maggiori forze popolari e alla costruzione dell'alleanza sociale.
Questa combinazione di lotta ideologica, politica e di massa ha contribuito ad aumentare l'influenza del KKE, del PAME e delle altre organizzazioni militanti. Ciò ha trovato espressione nel risultato delle recenti elezioni degli organismi di governo locale e regionale che ha visto il rafforzamento significativo del "Raggruppamento del Popolo", la lista sostenuta dal KKE.
Una fonte di forza per il nostro Partito sono le posizioni programmatiche frutto del 18° Congresso con la decisione relativa alle "Valutazioni e le conclusioni sull'edificazione socialista nel 20° secolo".
Un'altra fonte di forza per il nostro partito è la fede nella lotta di classe, l'impegno per la rivoluzione socialista volta al rovesciamento del capitalismo e alla costruzione del socialismo.
Questa lotta determina il lavoro politico-ideologico e organizzativo del Partito, la sua attività tra la classe operaia, gli strati popolari e la gioventù.
E' stato dimostrato in pratica che la linea rivoluzionaria di lotta che il KKE non riduce ma amplia il lavoro di massa. Solleva le aspettative dei lavoratori, fornisce una via d'uscita e una prospettiva per il futuro, contribuisce a spostare i rapporti di forza.
Dobbiamo confermare e rafforzare i nostri principi, perché questo moltiplicherà gli sforzi per affrontare la crisi che affligge il movimento comunista.
La nostra esperienza ci insegna che la lotta rivoluzionaria si basa sulla lotta contro l'opportunismo, che esprime l'impatto dell'ideologia borghese sul movimento operaio ed è uno strumento nelle mani del sistema, un ostacolo alla radicalizzazione delle forze popolari, un veicolo per l'assoggettamento e di compromesso, come dimostrano la storia e le più recenti performance dell'eurocomunismo.
L'opportunismo indossa molte maschere.
Per questo motivo devono essere adottati criteri rigorosi per scoprire cosa si nasconde dietro il termine "sinistra" e i sedicenti partiti di sinistra o le iniziative di sinistra.
La quotidianità dimostra che la strategia e la tattica delle forze che si definiscono "di sinistra" sono un ostacolo per la lotta antimonopolista e antimperialista.
Siamo in opposizione al Partito della Sinistra Europea, in cui la Die Linke tedesca svolge un ruolo di primo piano, perché difende l'Unione europea imperialista e dipende da essa. La sua strategia socialdemocratica di gestione del sistema che promuove con l'assistenza del capitalismo alle campagne diffamatorie contro l'URSS e il socialismo edificato nel 20° secolo, da una posizione anticomunista e antistorica, diffonde confusione tra i lavoratori e impedisce lo sviluppo della coscienza di classe politica.
Lo stesso fanno altri partiti simili al di fuori della SE, come il Partito della Sinistra di Svezia, che ha utilizzato il "Forum Internazionale della sinistra" (VIF) per intervenire in modo liquidatorio promovendo la socialdemocratizzazione dei PC.
E' opinione del KKE che il conflitto politico-ideologico con queste forze debba essere rafforzato, denunciato il loro ruolo, tenendo conto che queste forze, assieme alle modalità di intervento dell'internazionale socialista e in combinazione con i meccanismi di organismi statali e interstatali, corrodono le fila del movimento comunista, prolungandone la crisi.
Inoltre, le tesi sul "Socialismo del 21° secolo" sono pericolose per il movimento comunista. Queste posizioni sono avanzate dalle forze della piccola borghesia in America Latina, in opposizione al socialismo scientifico.
Questa è una costruzione ideologica opportunista che distorce tutti i principi e le leggi del socialismo-comunismo, impedisce lo sviluppo della lotta di classe e provoca confusione all'interno della classe operaia.
La necessità della rivoluzione socialista, il rovesciamento del capitalismo e la costruzione di una nuova formazione socio-economica comunista, non è determinata dal rapporto di forze in un dato momento storico, ma dalla necessità storica di risolvere la contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro, abolire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, abbattere le classi.
Per questo motivo il doloroso rovesciamento del socialismo in Unione Sovietica e negli altri paesi socialisti, e in tutti i cambiamenti controrivoluzionari causati dalla corrosione opportunista, non modificano il carattere della nostra era quale epoca di transizione dal capitalismo al socialismo.
Il primo compito è l'acquisizione del potere statale da parte della classe operaia al fine di creare, mediante l'attività cosciente della classe d'avanguardia e il suo partito, una nuova base socio-economica attraverso la proprietà sociale dei mezzi di produzione e la pianificazione centrale.
Al fine di abbattere tutte le classi non solo occorre rovesciare gli sfruttatori, non solo la loro proprietà deve essere abolita, ma cancellata ogni forma di proprietà privata dei mezzi di produzione.
Questa direzione leninista è di particolare importanza nella lotta dei comunisti, ci evita errori e deviazioni.
La sostituzione dei principi del marxismo-leninismo con approcci revisionisti, in nome delle peculiarità nazionali ha fatto grandi danni al movimento comunista.
Stiamo parlando di questioni strategiche, della direzione della nostra lotta e nessuna peculiarità nazionale può negare la necessità del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo, la necessità del potere dello stato nelle mani della classe lavoratrice, la socializzazione dei mezzi di produzione e la pianificazione centrale.
Nessuna peculiarità nazionale può giustificare la posizione che coniuga "il socialismo con il mercato capitalista". Una cosa è la necessaria e temporanea ritirata in condizioni avverse (come la NEP al tempo di Lenin), un'altra è accettare le leggi del capitalismo e le sue categorie quali strumenti per la costruzione del socialismo, come sta accadendo oggi in Cina.
La formazione comunista ha le sue leggi. Il socialismo con rapporti di produzione capitalistica non è mai esistito e non potrà mai esistere.
La lotta dei popoli sarà più efficace nella misura in cui si rafforza il fronte contro l'imperialismo e le unioni imperialiste, nella misura in cui il conflitto è intensificato contro la teoria del cosiddetto "mondo multipolare", che nasconde l'essenza del capitalismo.
Una cosa è utilizzare le contraddizioni interimperialiste per sostenere la lotta antimperialista e un'altra è idealizzare la posizione degli Stati imperialisti vecchi o nuovi, emergenti e non, e delle unioni (UE, OSCE, Patto di Shanghai, ecc.) che si oppongo agli Stati Uniti per conto dei loro gruppi monopolistici per conquistare maggiori quote di mercato.
Questo non è vero solo per l'Unione europea e il Giappone, ma anche per Brasile, India, Russia, e certo la Cina, dove i rapporti di produzione capitalistici sono diventati predominanti. I gruppi monopolistici capitalisti cinesi sono attivi in tutti i continenti, e a livello politico la Cina promuove una strategia di cooperazione con l'Internazionale socialista, che svolge un ruolo chiave nell'assalto del capitale.
L'opposizione alle relazioni ineguali che caratterizzano il sistema imperialista, l'opposizione alla forte presenza del capitale transnazionale in alcuni Stati devono acquisire un contenuto più profondamente antimperialista, antimonopolista, lottando contro le posizioni opportuniste che portano ad una alleanza con sezioni del capitale nazionale e le forze politiche che ne rappresentano gli interessi.
Il lavoro ideologico, politico e organizzativo indipendente dei PC e una politica delle alleanze idonea al percorso rivoluzionario sono principi di base che, se violati, comportano l'alterazione della natura comunista e alla degenerazione del partito.
Abbiamo un grande lavoro da fare e molti compiti difficili da intraprendere. Il coordinamento delle nostre attività è necessario e noi dobbiamo insistere sulla realizzazione degli obiettivi assunti dagli Incontri internazionali dei Partiti Comunisti e Operai.
Primo: è certo che la crisi capitalista continuerà. Di conseguenza vi è una chiara necessità di organizzare la lotta della classe operaia-popolare in ogni paese al fine di contrastare le misure antipopolari e unire maggiori forze attorno a obiettivi antimonopolistici in modo che i legami tra i partiti comunisti e la classe operaia, i giovani e gli strati popolari ne escano rafforzati, e rafforzate le loro organizzazioni nei luoghi di lavoro, in modo che i sindacati siano indotti a una linea di classe, in modo da costruire organizzazioni di partito nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, e, naturalmente consentendo lo sviluppo di forti organizzazioni della gioventù comunista.
Il KKE attua con coerenza le decisioni contenute nelle dichiarazioni congiunte degli Incontri internazionali, promuove iniziative per organizzare incontri regionali e tematici e insiste sulle attività comuni dei PC di Europa e dei Balcani, dove la frammentazione ideologica e organizzativa ha portato a un ritiro su vasta scala.
Noi continueremo su questa strada in futuro, portando avanti in parallelo il progetto di pubblicare l'International Communist Review con l'appoggio delle riviste teoriche dei partiti marxisti-leninisti. Come partito perseguiamo il proposito di formare un polo marxista-leninista che aiuterà il movimento comunista nel fronteggiare la sua crisi.
Secondo: l'inasprimento della competizione interimperialista e le difficoltà che il sistema capitalistico incontra nel gestire la crisi, determinano l'intensificazione dell'aggressione imperialista e accrescono i pericoli di un nuovo ciclo di conflitti regionali in Asia, Medio Oriente, Africa, nella penisola coreana, in Iran, nel Caucaso, nei Balcani e in altre zone.
Questi pericoli sono acuiti anche a causa della nuova strategia della NATO, insidioso strumento dell'imperialismo, che consente interventi e guerre sotto molteplici pretesti: il "terrorismo", "l'estremismo", il "cambiamento climatico", le "ondate migratorie".
Le condizioni e i rapporti di forza hanno subito cambiamenti e ciò è evidente nelle relazioni internazionali, nelle organizzazioni internazionali come l'ONU. Oggi il diritto internazionale, modellatosi sul conflitto tra socialismo e capitalismo non esiste più. È stato sostituito da una legge che serve gli interessi degli imperialisti, per questo motivo qualsiasi discorso su una "nuova architettura globale" o la "democratizzazione delle relazioni internazionali" non ha alcun fondamento nella realtà.
Alla luce di questa situazione, i comunisti sono chiamati a svolgere un ruolo di primo piano nell'informare i popoli e sviluppare la lotta antimperialista: aprire un fronte potente contro i governi borghesi che partecipano ai piani imperialisti, rafforzare un movimento di lotta per il disimpegno dalla NATO e il ritiro delle forze di occupazione dall'Afghanistan e dall'Iraq.
Deve essere espressa la più grande solidarietà internazionale possibile tra Stati e popoli minacciati dall'imperialismo, e lo "scudo anti-missile" della NATO-USA non deve essere installato.
Dobbiamo rafforzare il nostro sostegno a Cuba socialista e il sostegno alle lotte del popolo palestinese e i popoli del Medio Oriente, che resistono e non si sottomettono ai piani di USA e Israele.
Dobbiamo esigere una giusta soluzione alla questione cipriota, con il ritiro di tutte le forze di occupazione. Su Cipro pende una questione internazionale con l'invasione e l'occupazione del 37% del territorio di uno Stato indipendente aderente alle Nazioni Unite da parte dell'esercito turco, con il contributo attivo degli Stati Uniti e della NATO.
Terzo: l'anticomunismo continua a intensificarsi, con al centro l'equiparazione antistorica del comunismo con la brutalità fascista e nazista. Il Consiglio d'Europa, l'Unione europea e altre organizzazioni imperialiste promuovono misure severe per limitare l'attività dei PC e ridurne le capacità finanziarie. Vengono introdotte modifiche reazionarie nei sistemi politici e il potere dello Stato borghese rafforza nuovi meccanismi repressivi.
I PC restano banditi e perseguitati nei paesi dell'Europa centrale e orientale, in Asia, Africa e in altre regioni. I partiti comunisti, i movimenti antimperialisti e rivoluzionari in America Latina sono presi di mira con il pretesto della guerra contro il "terrorismo"; le forme di lotta e resistenza che il popolo sceglie vengono criminalizzati.
Abbiamo la seria responsabilità e l'obbligo di combattere, in modo coordinato, per la legalizzazione dei partiti comunisti e delle forze antimperialiste e per difendere la storia del movimento comunista e il contributo enorme dell'Unione Sovietica nella costruzione del socialismo nel 20° secolo.
Quarto: la situazione richiede che il nostro sostegno alle organizzazioni internazionali antimperialiste sia più forte e venga rafforzata la FSM [Federazione Sindacale Mondiale], la quale ha compiuto importanti progressi e terrà il suo 16° Congresso ad aprile 2011 ad Atene.
Dobbiamo contribuire allo sviluppo della WPC [Consiglio Mondiale per la Pace] e della WFDY [Federazione Mondiale della Gioventù Democratica], che terrà il 17° Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti qui tra pochi giorni e la WIDF [Federazione Democratica Internazionale delle Donne] e rafforzarne il carattere antimperialista.
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
e-mail:cpg@int.kke.gr