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Seminario Sul ruolo dei comunisti nella lotta per la parità e l'emancipazione delle donne: Discorso di apertura di Aleka Papariga



Seminario dei Partiti comunisti e operai

Sul ruolo dei comunisti nella lotta per la parità e l'emancipazione delle donne

Bruxelles, 26 marzo 2010

Sono trascorsi un centinaio di anni da quando la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste adottò la proposta della tedesca Clara Zetkin, tra le più grandi personalità del movimento rivoluzionario sindacale internazionale delle donne, per l'istituzione dell'8 marzo in ricordo del sacrificio delle lavoratrici l'8 marzo 1857 a New York.

A nostro parere, la ricorrenza di quest'anno è una grande opportunità per valutare il ruolo del movimento comunista svolto nella lotta per la parità di genere, per l'emancipazione delle donne nel corso di un secolo. E' altresì urgente delineare la strategia e la tattica che occorre assumere per contrastare il deterioramento della condizione della donna nella crisi capitalista, come questione speciale ma integrante della vita lavorativa e familiare.

L'ambito nazionale rimane il campo principale della lotta di classe perché da questo derivano i cambiamenti positivi nelle correlazioni internazionali. Ma è altrettanto importante l'internazionalizzazione della lotta, il coordinamento e l'alto livello di solidarietà di classe tra i popoli, tanto più è un dovere perché una grande parte dei paesi capitalisti moderni sono organicamente integrati alle unioni imperialiste regionali interstatali, come la UE, e quasi tutti i paesi capitalistici sono pienamente integrati al sistema imperialista, indipendentemente dall'impegno formale e dal livello di sviluppo.

La crisi mostra ancor più chiaramente i limiti storici del sistema capitalistico. Ciò è evidente in tutte le questioni, anche in quella di genere. La parità giuridica delle donne, il miglioramento del loro livello di istruzione e un numero limitato di istituti a carattere sociale per l'infanzia e la famiglia costituiscono il limite del progressismo borghese. Il sistema capitalistico ha riconosciuto per legge la parità di genere, ha migliorato il diritto di famiglia e i diritti civili in generale, ma è stato e rimane inflessibile verso la concreta parificazione delle donne nella vita. La disuguaglianza permane ampiamente nella società, nella famiglia, in diverse professioni e nella sovrastruttura culturale. La mistificazione è rimossa e il volto spregevole del capitalismo rivelata. Naturalmente, sappiamo che queste valutazioni non si applicano a tutti i paesi: in Africa, in Asia e in altri paesi le donne subiscono forme di oppressione da 100 o forse 200 anni. Questo fenomeno riflette lo sviluppo ineguale del capitalismo e non può essere attribuito a peculiarità culturali e tradizionali, al patriarcato o al maschilismo.

Il sistema capitalista compie scelte obbligate, specialmente nei paesi e nei continenti più sviluppati della piramide imperialista. Ha dovuto così fare alcune concessioni per raggiungere il più alto grado di sfruttamento del lavoro delle donne, come dei giovani e degli immigrati, nonché la loro manipolazione politica e sociale in nome della parità. Gli interessi del sistema capitalistico esigevano donne istruite e non analfabete, con competenze professionali e non soltanto qualità di buone casalinghe o spose desiderabili.

Il capitalismo è stato costretto a fare alcune concessioni, contro la sua volontà e sotto la pressione del movimento sindacale, popolare e femminile, emerso dall'influenza di poche forze progressiste borghesi. I partiti comunisti hanno svolto un ruolo determinante nello sviluppo e nel rafforzamento del movimento femminile organizzato e nella promozione delle donne nel movimento sindacale e popolare.

Le inedite conquiste delle donne nei paesi socialisti hanno esercitato una forte influenza sul sistema capitalista e i governi borghesi. I partiti politici borghesi realizzarono che le donne della loro classe avrebbero potuto svolgere un ruolo essenziale per gli interessi del capitale, aldilà del ruolo decorativo nelle pubbliche relazioni. Così, alle donne borghesi è stata affidata una funzione attiva politica e sociale che le promuovesse nel ruolo di deputate, ministre, anche prime ministre e presidenti della repubblica, di soldato e generale con l'obiettivo di dare l'esempio alle donne della classe operaia e ai ceti popolari, per manipolarle.

Al giorno d'oggi, non assistiamo solo alla soppressione dei diritti, o al deterioramento delle condizioni di vita, ma nel futuro immediato si prospetta la minaccia di una forte crescita del divario tra bisogni moderni e loro soddisfazione.

Non sottovalutiamo la possibilità che il movimento degli operai e popolare possa contribuire, in alleanza con il movimento progressista delle donne, a sviluppi positivi nella correlazione dei rapporti di forza per respingere le nuove barbare misure del capitale. Tuttavia, è chiaro che non è possibile ora raggiungere gli avanzamenti del secondo dopoguerra in Europa, in circostanze favorevoli per il capitalismo, quando il sistema socialista esercitava forti pressioni sul capitalismo.

Nonostante la vittoria della controrivoluzione e il saldo sfavorevole nella variazione dei rapporti di forze, nonostante il fatalismo, si rivela l'urgenza e la necessità del socialismo in tutte le questioni, anche in quella di genere. Il carattere di necessità del socialismo non è determinato dal rapporto di forze, ma dall'aggravamento delle contraddizioni del sistema capitalista. Il nostro dovere è quello di evidenziare l'attualità del socialismo, obiettivo strategico di un partito comunista indipendentemente dal livello delle contraddizioni e dalla situazione dei fattori soggettivi. Ovviamente i rapporti di forza e il livello di coscienza richiedono una tattica adeguata, funzionale alla strategia, che tenga conto delle difficoltà senza però che le difficoltà diventino dominanti.

L'esperienza del nostro Partito, passata e recente, dimostra che non vi è alcuna contraddizione tra la lotta per il socialismo e l'urgente necessità di un coinvolgimento delle masse lavoratrici e popolari, uomini e donne, nella lotta di classe organizzata per rispondere ai loro problemi contingenti. Dirigere la lotta quotidiana verso il rovesciamento del potere dei monopoli e del potere politico borghese è una questione di orientamento, capacità e qualità della guida politica, finalizzata al conseguimento da parte del popolo della ricchezza da lui prodotta.

L'uscita dalla crisi capitalistica potrà essere favorevole alle forze capitalistiche e al sistema politico borghese o conseguirà un cambiamento nel rapporto di forze a favore del movimento popolare grazie alla maturazione della coscienza politica per il cambiamento della natura del potere. La seconda prospettiva richiede una strategia che contribuisca ad acuire le contraddizioni e non al consenso nazionale, promosso dalla classe dirigente e dai governi borghesi.

Con la nostra posizione di formare un fronte democratico antimperialista e antimonopolista per la lotta per il governo del popolo e l'economia cerchiamo di creare una alleanza socio-politica di forze che non condividano necessariamente le nostre opinioni sul socialismo e la sua costruzione, ma che siano favorevoli alla lotta per il rovesciamento del potere monopoli.

La questione femminile come fenomeno storico, è un complesso di disuguaglianze economiche, politiche e culturali. Le discriminazioni, che si manifestano in tutte le relazioni sociali, anche quelle tra i due sessi, scaturiscono dai rapporti di classe di sfruttamento. I fondatori del socialismo-comunismo scientifico, Marx ed Engels, hanno analizzato la questione femminile a partire dalle sue basi reali, dimostrandone la natura di classe e i riflessioni nel campo giuridico, politico e nelle sovrastrutture ideologiche e culturali all'interno di ogni sistema di sfruttamento socio-economico, nonché i presupposti per la sua soluzione. La questione femminile costituisce obiettivamente parte della strategia contro la crisi contemporanea. L'uscita dalla crisi porterà a una lieve ripresa, a un nuovo ciclo di crisi e a condizioni di esasperata rivalità interimperialista. Nel quadro di queste rivalità emergeranno accanto ai centri di potere tradizionali del 20° secolo (UE, USA, Giappone), nuovi centri nazionali, nuove coalizioni temporanee. Forze che muoveranno in opposizione agli Stati Uniti, alla UE, ecc.. intensificando l'antagonismo.

Come sapete la Grecia è entrata in un ciclo di crisi capitalista un po' in ritardo rispetto agli altri paesi. Ora si trova letteralmente nell'occhio del ciclone. Siccome ultimamente la crisi del capitalismo greco è in cima alle priorità della zona euro, consentitemi di presentare alcuni dati per spiegare come il capitale direziona l'attacco sui lavoratori e sulle donne per superare la sua crisi e accrescere i suoi profitti.

In Grecia i partiti borghesi e gli opportunisti presentano la crisi come un problema causato soprattutto dalla cattiva gestione o come un risultato della gestione liberale, della mancanza di politiche per "la regolazione e il controllo" dei mercati, chiudendo un occhio sul fatto che la liberalizzazione dei mercati è stata sostenuta dai partiti liberali e socialdemocratici, da riformisti e opportunisti. Compiono ogni sforzo per impedire che i lavoratori comprendano come la crisi scaturisca proprio dal sistema capitalistico e dalle sue contraddizioni.

In Grecia, come in tutti i paesi capitalistici, vi è una crisi di sovraproduzione, un calo del PIL e una previsione ancora peggiore per i prossimi due trimestri. Il decremento nel settore manifatturiero e dei beni strumentali costituisce anche un grave problema. La svalutazione del capitale in tutte le sue forme (commerciali, finanziarie), il calo degli investimenti, l'aumento delle cessazioni di attività e della disoccupazione sono dati di fatto anche in Grecia. L'inizio della crisi, come accade sotto il capitalismo, ha comportato un calo dei consumi, nonché un deflusso significativo di capitali all'estero pronti contro termine (Repurchase Agreement /Repo).Ciò conferma che il capitale non ha patria o, meglio ancora che la sua patria è ogni terra che offre migliori condizioni di remunerazione.

Il dibattito ufficiale in Grecia e nella zona euro si concentra sul disavanzo fiscale e il debito pubblico del paese, sull'alto tasso di interesse per i prestiti causa dell'inaffidabilità del paese. Gli indici in Grecia hanno avanzato di molto quelli del Patto di stabilità. Su queste basi il popolo è sottoposto letteralmente a un lavaggio del cervello per credere che sia una peculiarità greca dovuta alla cattiva gestione, alla corruzione e allo spreco enorme di denaro rispetto ad altri Stati membri dell'UE che non sono gravati da scandali e tangenti. Il partito liberale e quello socialdemocratico sbraitano sulla gestione e gli scandali. Entrambi scagionano il modo di produzione capitalistico, i rapporti di produzione capitalistici e il carattere reazionario di classe della UE, trovando aiuto per questa propaganda fuorviante nelle forze opportuniste e di estrema destra. Occultano deliberatamente e sistematicamente il legame tra economia e politica, in modo da convincere il popolo che vi siano le condizioni per umanizzare il capitalismo, per un'altra versione di buon governo da cui possano trarre beneficio i capitalisti e la classe operaia, i monopoli e gli strati poveri, piccolo-borghesi, delle città e dei villaggi. In questa situazione il malcontento cresce ma rischia di essere intrappolato all'interno di rivendicazioni di una gestione borghese. Per le donne, lavoratrici, disoccupate, pensionate, la situazione potrebbe essere più confusa, avendo meno opportunità, a causa delle condizioni di vita, di partecipare al movimento organizzato. Inoltre, è in atto lo sforzo di approfondire la divisione all'interno della classe lavoratrice, accusando i dipendenti pubblici, comprese le donne, di avere ottenuto vantaggi eccessivi.

La crisi in Grecia è distorta e presentata in modo frammentario per indurre i lavoratori a cedere e accettare il deterioramento dei loro diritti sociali e del lavoro. Questa situazione colpisce in particolare le giovani donne e quelle in età compresa tra 45 e 50 anni, che erano occupate nel settore manifatturiero, nell'agricoltura e nei servizi sociali, oggetto di privatizzazione.

"Stabilizzazione o sviluppo", "politiche restrittive o espansionistiche", dicotomie che rappresentano le due facce della stessa medaglia, ossia l'attuazione del percorso di sviluppo capitalistico finalizzato alla salvaguardia della competitività del grande capitale, variando tutt'al più le proporzioni della stessa strategia.

In Europa come in Grecia, i partiti liberali e socialdemocratici, e le forze riformiste opportuniste, si confrontano sulla miscela della politica anticrisi. Litigano su quali misure antipopolari siano prioritarie, se i lavoratori debbano pagare immediatamente o nel più lungo periodo. Tuttavia, sono d'accordo sulla concessione di sostegni, di stato o dell'Unione, alle imprese in modo da aumentare i profitti e procedere, presumibilmente, alla distribuzione dei dividendi.

Il nostro partito è preparato ideologicamente e politicamente alla crisi economica poiché l'avevamo prevista ben prima della sua comparsa e ne avevamo valutato l'impatto sull'economia greca in una situazione di integrazione UE.

Avevamo diagnosticato le conseguenze sulla vita e i diritti delle donne, e abbiamo confutato con studi e argomentazioni scientifiche la cattiva propaganda secondo cui l'uguaglianza implica l'abolizione di vantaggi che le lavoratrici hanno ottenuto con lotte e sacrifici, ad esempio, i 5 anni di differenza nell'età pensionabile, il diritto a infrastrutture sociali per i bambini ora in via di privatizzazione, l'orario di lavoro ridotto, il congedo di maternità, il divieto del lavoro notturno per le lavoratrici nel settore industriale, ecc

Abbiamo confutato le teorie ingannevoli dell'Unione che l'uguaglianza di genere implichi parità in tutti gli aspetti della vita. Equiparare le prestazioni dei due sessi è un'equazione ingiusta, che non poggia su basi scientifiche e sottovaluta la maternità e le sue necessità. Abbiamo smentito che siano le donne a chiedere il tempo parziale, il lavoro temporaneo e flessibile perché hanno bisogno di tempo per le loro famiglie.

Siamo intervenuti in tempo, agendo autonomamente come partito e attraverso il movimento delle donne, abbiamo portato avanti richieste specifiche, obiettivi di lotta e una piattaforma rivendicativa capace di far comprendere alle forze popolari che la questione femminile è un problema nazionale.

Il 100° anniversario della Giornata internazionale delle donne ha fornito l'occasione per un nostro intervento politico e ideologico sulla storia e la natura di classe della questione femminile, sulle sue attuali dimensioni nella crisi economica.

L'8 marzo il PAME [All Workers' Militant Front - Fronte Militante di Tutti i Lavoratori, l'alleanza dei sindacati di classe in Grecia] e la Federazione delle Donne Grechehanno organizzato una grande manifestazione ad Atene e in molte città. Queste dimostrazioni scrivono una nuova pagina nell'alleanza del movimento progressista sindacale e movimento femminista [cfr: La lotta per l'emancipazione della donna è la lotta per l'emancipazione di tutta la classe lavoratrice].

Abbiamo svolto un lavoro speciale con le donne negli ultimi 5 scioperi, che intendiamo proseguire nell'intensificazione della lotta.

E' una dura battaglia. La nostra piattaforma - che sia la plutocrazia a pagare la crisi e che il popolo non ceda un solo euro per i debiti e il disavanzo - esercita un impatto ampio anche sulle forze non comuniste. Abbiamo evidenziato il decorso dello sviluppo del capitalismo greco; abbiamo spiegato che cosa è la crisi, cosa significa uscirne.

Il calo della produzione industriale in Grecia, in particolare nel settore manifatturiero, e i problemi nel settore della produzione agricola non si sono presentati durante la crisi; esistevano anche quando la Grecia aveva un elevato ritmo di crescita, superiore alla media della zona euro. L'abolizione delle conquiste delle lavoratrici e dei lavoratori è iniziata nel 1990: importanti diritti civili e del lavoro sono stati tagliati in periodi di crescita e di profitto elevato, quando non c'era alcun presagio di crisi. Un disavanzo consistente e l'elevato indebitamento della Grecia non costituiscono fenomeni inediti. Tuttavia questi indici si presentano nel paese insieme e più acutamente che in altri paesi europei a causa dell'adattamento che la Grecia ha compiuto per la liberalizzazione del mercato, una conseguenza della disuguaglianza che caratterizza il mondo capitalista e la piramide imperialista. Nonostante l'aumento della produttività, la competitività dell'economia greca è crollata. Nel paese si verifica anche un altro fenomeno classico: una parte importante del capitale continua ad essere remunerativo, mentre aumenta la tendenza alla concentrazione e alla centralizzazione del capitale, cambiano i rapporti di forze, i tassi di profitto e la competitività nei settori chiave dei monopoli. È anche rilevante che la Grecia occupi una regione geografica in cui si manifestano con maggior nitidezza le contraddizioni interimperialiste. I governi emersi dalle elezioni in Bulgaria e nel nostro paese sono più favorevoli ai piani USA per l'intera regione. La concorrenza tra euro e dollaro ha un'influenza particolare sulla Grecia.

L'antagonismo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti si manifesta anche sulla questione del Mar Egeo, dove la probabile esistenza di giacimenti di petrolio accresce l'interesse dei centri imperialisti nella regione, che sfruttano la crisi e la necessità del paese di accedere al prestito. Il governo del PASOK ha fatto concessioni sostanziali che compromettono ulteriormente i diritti sovranità, con sviluppi imprevedibili nei prossimi anni.

L'uscita dalla crisi non può essere raggiunta senza mettere in discussione la proprietà e il potere capitalista. Saldare obiettivi e rivendicazioni delle forze in lotta nel movimento, come dimostrato dalle grandi mobilitazioni nel nostro paese profondamente segnate dall'azione del Partito Comunista di Grecia, è fondamentale. Ma non ci si può certo accontentare della difesa o di qualche limitata conquista. E' realistico ritenere che l'uscita dalla crisi non implichi un ritorno al passato, quindi, aldilà delle rivendicazioni contro i monopoli e il loro potere, occorre promuovere l'opposizione al sistema capitalista e la necessità del socialismo. In caso contrario, il movimento sarà circondato e assimilato.

Nel corso degli ultimi 92 anni il KKE si è adoperato sistematicamente per organizzare la lotta per la questione delle donne. Ha seriamente contribuito allo sviluppo di questo movimento, ottenendo risultati come l'elezione di donne nel partito e nei suoi organi, respingendo la borghese, riformista e opportunista visione neo-femminista. Tuttavia, non siamo ancora riusciti a portare il lavoro delle donne in tutti i settori del partito e del movimento e ad affrontare in modo congruo l'opinione errata secondo la quale l'azione delle donne, campo importante e rilevante della lotta da sempre, è una questione che riguarda esclusivamente il movimento delle donne stesse o delle singole donne. La difficoltà di definire la politica generale del partito sulla questione delle donne, si manifesta sia tra i compagni che tra le compagne. La risposta a questo problema, non può essere identica a quella del periodo in cui le donne subivano il peso delle credenze tradizionali circa la loro inferiorità e il loro ruolo esclusivo di mogli e madri.

I cambiamenti e la modernizzazione, nel quadro del sistema capitalista, avvenuti in questo ultimo secolo, a partire dalla proposta di Clara Zetkin sulla celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, hanno portato a cambiamenti controversi nella mente delle donne. Oggi molte donne e uomini respingono le idee predominanti degli ultimi 50 anni; la vita delle donne oggi è cambiata, è diventata migliore. Tuttavia, problemi nuovi e nuove esigenze si manifestano.

A causa della mancanza di una corretta combinazione di formazione teorica e pratica d'azione, vale a dire di strategia e tattica per le questioni femminili e di un'attenzione alla propaganda unilaterale e contrapposta su alcune questioni, non siamo stati in grado di formare una base stabile utile alla comprensione della natura di classe delle questioni femminili da parte delle masse con una coscienza radicale. Questo deriva dal fatto che, nonostante il corretto orientamento generale, la questione non è stata chiarita anche nei ranghi del partito. Il Comitato Centrale e la sua responsabilità di guida si evidenzia nel non aver proceduto alle attività necessarie all'interno dell'organizzazione di partito e della sua leadership. L'uguaglianza giuridica delle donne, la loro formazione su larga scala, anche in nuovi campi, una maggiore libertà di azione nella propria vita personale, hanno alimentato l'illusione che l'uguaglianza fosse raggiunta o perlomeno che la questione delle donne oggi, non fosse acuta come lo era cinquanta o cento anni fa.

La quotidianità contraddice queste illusioni. Oggi, le giovani donne vanno a scuola, all'università e le loro relazioni personali non trovano barriere apparenti. Anche quando le incontrano, non le vedono. Tuttavia, le cose cambiano quando una giovane donna cerca un lavoro, forma una famiglia e diventa madre. In quel momento la discriminazione di genere e di classe diventa chiara. Il risultato è un significativo allontanamento delle donne dalla partecipazione nel movimento, nel partito e nel KNE (Gioventù comunista), anche quando il proprio compagno/marito le supporta e sostiene. Questo problema non può essere trattato su base strettamente personale, né è sufficiente una apposita propaganda sulla partecipazione di entrambi i sessi all'educazione e alle responsabilità della famiglia. La questione politica gioca un ruolo decisivo e ostacola lo sviluppo della parità nei rapporti personali e familiari. Ribadiamo che il nemico attua la sua strategia su ogni questione, anche sulla questione delle donne. Di conseguenza questa deve essere integrata nella linea politica generale del partito, nella sua strategia.

Che fare, oggi

1. Dobbiamo mettere in evidenza le origini storiche della lotta delle donne radicali all'interno del movimento comunista e della teoria del socialismo scientifico. Senza contrattacco ideologico oggi, avremo ben pochi risultati. Senza una controffensiva ideologica i risultati saranno insignificanti. In particolare dobbiamo combattere la conoscenza formale e schematica, la conoscenza superficiale della natura di classe della questione delle donne e divulgare la nostra posizione.

Questa storia della lotta per l'uguaglianza sociale dei due sessi, per la parità tra uomini e donne, non è comincia con l'affermazione del suffragio universale, la prima parola d'ordine più avanzata delle donne borghesi. Inizia quando Marx scopre e rivela il segreto della classe capitalista, dello sfruttamento di classe, dell'estorsione del plusvalore. Inizia quando Engels descrive scientificamente e in modo chiaro che il genere femminile ha iniziato a sperimentare la disuguaglianza dopo la creazione della prima classe, la schiavitù ed analizzando il rapporto tra proprietà privata, Stato e famiglia. La posizione leninista mostra la via per la liberazione delle donne dallo sfruttamento di classe e dalla doppia oppressione.

I fondatori del socialismo scientifico e della rivoluzione socialista sottolineano le condizioni in cui la partecipazione delle donne e il lavoro sociale, possono essere combinati senza conflitto con la maternità. La donna e la famiglia devono essere liberati dalla maggior parte delle incombenze, attraverso la trasformazione di queste in lavoro sociale. Ciò consentirà a donne e uomini che lavorano, di partecipare alle istituzioni dei lavoratori ed al controllo sociale, dal basso; avranno così tempo libero per sviluppare pienamente i loro interessi e le loro capacità, il lavoro di squadra e la solidarietà internazionalista comunista.

Nel 1885 Engels ha detto:

"Devo ammettere che io sono più interessato alla salute della prossima generazione che all'assoluta uguaglianza formale dei due sessi negli ultimi anni del modo di produzione capitalistico. La vera parità dei diritti per le donne e gli uomini può, a mio parere, diventare reale solo quando lo sfruttamento di entrambi da parte del capitale sia stato abolito ed il lavoro domestico, trasformato in un ramo della produzione sociale".

Esiste un concetto più all'avanguardia di quello già attuato nei primi anni di costruzione socialista? Nemmeno le forze più intraprendenti borghesi, riformiste e opportuniste avrebbe espresso un tale punto di vista per ciò che riguarda la famiglia.

2. Dobbiamo mettere in luce gli esiti della storia della lotta per l'emancipazione delle donne. La lotta può produrre risultati ma nessun obiettivo raggiunto è garantito, anche in quella delle donne quale parte integrante della più generale lotta dei lavoratori e dei popoli, a meno che questa lotta non rovesci il potere dei monopoli, a meno che non si raggiunga il socialismo, a meno che non si concluda con la vittoria della classe operaia e dei suoi alleati. Questa vittoria segna un nuovo inizio del corso per la costruzione della nuova società che garantisce l'uguaglianza sociale, che mette da parte e abolisce ogni residuo di disuguaglianza di genere, la disparità tra città e campagna, il pregiudizio in base alla nazionalità, religione, cultura e altre differenze.

Dobbiamo evidenziare i risultati storici positivi delle donne nei paesi socialisti, incomparabili con qualsiasi conquista femminile sotto il capitalismo. Il potere operaio potrebbe avere commesso degli errori, ma il capitalismo no: il capitalismo commette crimini, è questa la grande differenza.

Se confrontiamo la Russia di quel tempo e quella di oggi, vediamo che, dai primi anni della costruzione socialista, sono stati presi provvedimenti affinché il tempo trascorso a casa fosse dedicato allo sviluppo delle relazioni familiari, con tempo libero da trascorrere in modo creativo. La vita in casa non era come oggi, una continuazione del lavoro in fabbrica. Nessun paese capitalistico, neppure il più sviluppato e ricco, ha creato una così ampia e capillare rete di strutture sociali in quel periodo specifico, rete di cui hanno beneficiato soprattutto le donne.

3. Dobbiamo garantire che la questione delle donne costituisca un elemento inscindibile del nostro lavoro in tutti i settori, nella classe operaia, tra i contadini e i lavoratori autonomi, nei settori dell'istruzione, sanità e nel settore ambientale, ovunque. Noi intendiamo che la specifica della nostra politica per le donne, impatti sul movimento operaio, sui lavoratori autonomi, sui contadini poveri, sui giovani che appartengono alla classe operaia, sugli strati popolari. Dobbiamo sostenere il grande contributo delle organizzazioni militanti delle donne e promuovere la formazione di un fronte unico del movimento popolare con la partecipazione del movimento delle donne, il cui contributo è e può essere ancora più forte e dinamico.

Chiarire la natura di classe della questione femminile è il modo più appropriato per contrastare i giudizi offensivi di cui le donne, ancora oggi, sono bersaglio, anche se spesso sono giudizi ammantati di modernità e cosmopolitismo. Contribuisce al miglioramento delle relazioni interpersonali tra i generi, all'importanza della lotta comune. Risponde al nocivo punto di vista riformista, opportunista, sciovinista, patriarcale e maschilista che vede la questione come un contrasto tra i generi. Tale errata visione esiste anche tra le donne. Ciò richiede una politicizzazione corretta della questione, per facilitare la lotta e la coscienza politica.

La nostra responsabilità è di fornire sostegno ideologico e politico, adottare concrete misure organizzative, promuovere la solidarietà tra i membri della famiglia comunista, i compagni, uomini e donne, in modo da non allontanare nessuno dalla lotta nella vita reale. Noi dobbiamo stare dalla parte delle donne, specialmente di coloro che sperimentano una pressione maggiore a causa di difficoltà personali e familiari. Proponiamo di avviare lo scambio di esperienze tra i nostri partiti e con altre parti del movimento, in modo più sistematico, al fine di precisare la nostra strategia sulle donne, per un coordinamento ed il rafforzamento del movimento internazionale delle donne radicali.

Mi permetto di commentare due questioni sulle specifiche della nostra strategia sulle donne ed in generale sulla classe operaia ed il popolo. Il primo riguarda la lotta contro la decisione di entrare in Unione Europea, atto che ha provocato danni al popolo greco e ai popoli d'Europa. La Grecia ha perso gran parte dell'illusione che la partecipazione del paese alla UE ripari da rischi economici e politici, protegga i diritti di sovranità, i confini e metta al riparo dalla guerra. Il malcontento generale deriva dall'esperienza diretta della gente, ma anche dall'educazione sistematica del nostro partito, l'unico che dice che il progresso ed il benessere del popolo sono incompatibili con la partecipazione alla UE e alla NATO. Tuttavia, il malcontento è accompagnato da un senso di paura a opporsi alle decisioni della UE e di svincolarsi da questa unione. Questo conferma il nostro timore che l'Unione Europea non sia un'alleanza di integrazione volontaria tra popoli, ma piuttosto una alleanza che persegue e punisce quando un popolo sceglie un diverso percorso di sviluppo.

Tuttavia, nonostante la paura della gente di portare la lotta fino alla fine e cioè alla soluzione, ciò ha fatto si che l'Unione Europea risulti negli ultimi tempi indebolita agli occhi del popolo e delle donne e questo fatto è positivo. Questa tendenza ha messo sotto pressione gli opportunisti, appartenenti al Partito della Sinistra Europea (ELP - SE) nel nostro paese, costringendoli a cercare affannosamente il modo per invertirla. Una parte di queste forze adduce il timore per le conseguenze della rottura e del disimpegno, mentre un'altra parte promuove la posizione utopica di ricostruire l'Unione Europea, di modificare il Patto di Stabilità o addirittura ipocritamente, si pente di aver sostenuto il Trattato di Maastricht e i Trattati di base per l'integrazione. Se non avessimo in modo fatalistico accettato l'adesione alla UE e se non si fosse sostenuta come unica strada, non sarebbe mai esistita questa posizione ipocrita. Il movimento non può emanciparsi con l'ipocrisia e l'ambiguità.

Da questo punto di vista credo che le politiche e le tattiche del Partito della Sinistra Europea, continuino a provocare danni, soprattutto perché bloccano la strada alla radicalizzazione, subordinando e manipolando la crescente protesta pubblica. Crediamo che questo periodo ci permetta di dimostrare che in generale ci sono due modi di sviluppo, due modi di internazionalizzazione e cooperazione internazionale: il percorso definito dagli interessi del capitale e dei monopoli e il percorso definito dalla soddisfazione dei bisogni umani. Questi due percorsi non differiscono solo nei contenuti ed intenti, ma anche nella questione del potere politico.

La questione è di vitale importanza, anche per la necessità della lotta, della rottura e dell'uscita dall'Unione Europea.

La lotta per respingere le conseguenze negative delle decisioni della UE è inefficace e inconcludente dato che è impossibile separare gli effetti dalla natura e il carattere della UE. L'idea di sganciarsi può e deve essere sostenuta e dovrebbe poggiare sull'individuazione delle opportunità che conseguirebbero per il nostro popolo - e ogni popolo. Noi crediamo che tutti i popoli abbiano la forza di stare in piedi: dobbiamo incoraggiare la promozione delle loro potenzialità di sviluppo contro le decisioni della UE che li mina. Non si tratta di un desiderio di isolamento nazionale o del rifiuto di cooperazione internazionale. Al contrario, può utilizzare le contraddizioni interimperialiste a favore dello scambio internazionale, la maggior parte sulla base di reciproco vantaggio. L'allargamento dell'Unione Europea ha dimostrato che i popoli più sono integrati, tanto più il dislivello e il conflitto interno per il controllo dei vecchi e nuovi mercati, per il beneficio delle principali forze, aumenta. Questo fenomeno va abolito e non regolamentato, è un elemento caratteristico del capitalismo nella sua fase imperialista.

Un altro problema è il crescente coinvolgimento della Grecia negli antagonismi interimperialisti e nella loro militarizzazione. Il governo del PASOK ha regolato le concessioni agli Stati Uniti, ma la Germania e la Francia hanno firmato un nuovo accordo sugli armamenti a scopi offensivi. Il più importante (secondo una fuga di informazioni ufficiali) è che il governo ha accettato la leadership turca nel Mar Egeo e la sfida di trasformare la regione in zona NATO. Secondo loro in questo territorio saranno in grado di volare non solo greci, ma aerei militari turchi, il che è contrario al diritto internazionale. Si tratta di una concessione provocatoria che in un futuro, prossimo o remoto, sarà ideale per indurre operazioni di guerra nella regione. Loro concedono il territorio, ma nessuno dovrebbe sentirsi tranquillo sotto la bandiera della NATO.

La questione della partecipazione con truppe di occupazione o di intervento, è cruciale non solo perché ci impone un onere economico, come sottolineano soprattutto gli opportunisti nel nostro paese, ma anche perché comporta la partecipazione ad una guerra ingiusta con forze controrivoluzionarie che interverranno su ogni popolo, contro la gente che lotta per un diverso percorso di sviluppo rispetto ai monopoli e all'imperialismo. Questi due problemi sopra menzionati dovrebbero essere largamente diffusi tra il popolo e tra le donne, per il loro bene.


Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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