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C. Socialismo in URSS - Le cause della vittoria della controrivoluzione


18° Congresso - Risoluzione sul socialismo

Valutazioni e conclusioni sull'edificazione del socialismo nel corso del XX secolo,
con particolare attenzione all'URSS.
La concezione del KKE sul socialismo.
 
 
C. Socialismo in URSS - Le cause della vittoria della controrivoluzione
 
9. Ci concentriamo sull'esperienza dell'Unione Sovietica, perché essa ha costituito l'avanguardia della costruzione socialista. E' indispensabile un ulteriore studio del corso del socialismo nel resto degli Stati europei, così come il corso del potere socialista nei paesi asiatici (Cina, Vietnam, RPD di Corea) e a Cuba.
 
Il carattere socialista dell'URSS si fonda sui seguenti punti: abolizione dei rapporti di produzione capitalistici; esistenza della proprietà socialista a cui (nonostante le varie contraddizioni) la proprietà cooperativa è soggetta; Pianificazione centrale; potere operaio e conquiste senza precedenti a beneficio di tutti i lavoratori.
 
Tutto ciò non può essere negato per il fatto che, dopo un certo periodo, il Partito ha gradualmente perso il suo carattere di guida rivoluzionaria e, di conseguenza, le forze controrivoluzionarie sono state in grado di dominare il Partito e il governo negli anni '80.
 
Consideriamo gli sviluppi del periodo 1989-1991 come una vittoria della controrivoluzione. Hanno costituito l'ultimo atto del processo che ha portato al rafforzamento delle disuguaglianze e differenze sociali, delle forze della controrivoluzione e del regresso sociale. Non è un caso che questi sviluppi siano stati sostenuti dalla reazione internazionale, che sulla costruzione socialista, soprattutto durante il periodo dell'abolizione dei rapporti capitalistici e della fondazione del socialismo fino alla Seconda guerra mondiale, concentravano la rabbia ideologica e politica dell'imperialismo internazionale. Rifiutiamo il termine "collasso", perché sottovaluta la portata delle attività controrivoluzionarie, la base sociale su cui possono svilupparsi e predominare, a causa delle debolezze e deviazioni dell'elemento soggettivo durante la costruzione socialista.
 
La vittoria della controrivoluzione nel 1989-1991 non prova la mancanza di un livello minimo di sviluppo dei prerequisiti materiali necessari per iniziare la costruzione del socialismo in Russia.
 
Marx ha osservato che l'umanità si pone solo quei problemi che può risolvere, poiché un problema si pone solo quando le condizioni materiali per la sua soluzione esistono o sono almeno in formazione. Nel momento in cui la classe operaia, la principale forza produttiva, lotta per svolgere la sua missione storica, e ancor di più all'inizio della rivoluzione, le forze produttive sono sviluppate a un livello di conflitto con i rapporti di produzione, con il modo capitalistico di produzione. In altre parole, i prerequisiti materiali per il socialismo, sui quali sono state create le condizioni rivoluzionarie, esistono già.
 
Lenin e i bolscevichi considerarono che i problemi di una relativa arretratezza nello sviluppo delle forze produttive ("livello culturale") non sarebbero stati risolti da alcun potere intermedio tra i poteri borghese e proletario, ma dalla dittatura del proletariato. [10]
 
Sulla base dei dati statistici di quel periodo, i rapporti capitalistici di produzione nella fase monopolistica del loro sviluppo erano prevalenti in Russia. È su questa base materiale che il potere rivoluzionario si appoggiò per la socializzazione dei mezzi di produzione concentrati [11]. La classe operaia della Russia, in particolare il suo segmento industriale, fondò i soviet come nuclei organizzativi dell'azione rivoluzionaria, sotto la guida del PC(b), nella lotta per la conquista del potere statale. Il Partito bolscevico, sotto la guida di Lenin, era teoricamente preparato per la rivoluzione socialista: analisi della società russa, teoria dell'anello debole della catena imperialista, valutazione della situazione rivoluzionaria, teoria della dittatura del proletariato. Esso mostrò una peculiare capacità di perseguire la sua strategia - in ogni fase dello sviluppo della lotta di classe - con tattiche corrispondenti: alleanze, slogan, manovre, ecc.
 
Tuttavia, il socialismo affrontò particolari difficoltà supplementari, a causa del fatto che la costruzione del socialismo iniziò in un paese con un basso livello di sviluppo delle forze produttive (medio-debole, come lo definì V. I. Lenin) rispetto ai paesi capitalisti avanzati [12] e con un alto grado di irregolarità nel suo sviluppo, a causa dell'esteso sopravvivere di rapporti pre-capitalistici, in particolare nelle ex-colonie asiatiche dell'impero zarista. La costruzione del socialismo iniziò in seguito all'enorme distruzione della Prima guerra mondiale e nel bel mezzo della guerra civile. Successivamente, affrontò l'immensa distruzione della Seconda guerra mondiale, mentre le potenze capitaliste, come gli Stati Uniti, non avevano conosciuto la guerra entro i loro confini. Al contrario, usarono la guerra per superare la grande crisi economica degli anni '30.
 
Il gigantesco sviluppo economico e sociale compiutosi in queste condizioni dimostra la superiorità dei rapporti di produzione comunisti, anche nella loro fase iniziale di sviluppo, confutando i giudizi delle diverse correnti opportuniste e piccolo borghesi. I punti di vista socialdemocratici riguardanti l'immaturità della rivoluzione socialista in Russia non hanno trovato conferma. Identica sorte per le posizioni trotzkiste, che sostengono l'impossibilità di costruire il socialismo in Unione Sovietica. Il punto di vista che vuole che la società emersa dopo la Rivoluzione d'Ottobre fosse di carattere non socialista o che fosse degenerata rapidamente dopo i primi anni dalla sua esistenza e che pertanto fosse inevitabile la fine dei 70 anni di corso storico dell'URSS, è arbitrario e non può essere avvalorato dai fatti.
 
Rifiutiamo le teorie che definiscono questa società una specie di "nuovo sistema di sfruttamento" o una forma di "capitalismo di stato", come sostenuto dalle diverse correnti opportuniste.
 
Inoltre, gli sviluppi non avvalorano la posizione della corrente "maoista" nel suo complesso a riguardo della costruzione del socialismo in URSS, della caratterizzazione dell'URSS come social-imperialista, del riavvicinamento della Cina agli Stati Uniti, così come delle incongruenze in materia di costruzione del socialismo in Cina (per esempio il riconoscimento della borghesia nazionale come un alleato nella costruzione del socialismo, ecc.)
 
La nostra valutazione critica considera come conseguente la difesa della costruzione del socialismo in URSS e negli altri paesi.
 
10. La controrivoluzione in URSS non è riconducibile a un intervento militare imperialista, ma dal di dentro e dall'alto, a causa della mutazione opportunista del PC e la corrispondente direzione politica del potere sovietico. Diamo priorità ai fattori interni, alle condizioni socio-economiche che riproducono l'opportunismo, sulla base della costruzione del socialismo, senza naturalmente sottovalutare l'effetto a lungo termine e la molteplice ingerenza dell'imperialismo nello sviluppo dell'opportunismo e la sua evoluzione in una forza controrivoluzionaria.
 
Basandoci sulla teoria del comunismo scientifico abbiamo intrapreso uno studio secondo le seguenti linee:
 
- L'economia, cioè, gli sviluppi nei rapporti di produzione e distribuzione durante la fondazione delle basi del socialismo e del suo successivo sviluppo, come fondamento per l'emersione e la soluzione di contraddizioni e differenze sociali.
 
- Il funzionamento della dittatura del proletariato e il ruolo del PC nel socialismo, la fase inferiore del comunismo.
 
- La strategia e gli sviluppi del movimento comunista internazionale.
 
11. La costruzione di una nuova società in Unione Sovietica è stata determinata dalla capacità del PC bolscevico di adempiere al suo ruolo guida rivoluzionario. In primo luogo, elaborando e formulando a ogni passo la necessaria strategia rivoluzionaria, affrontando l'opportunismo e fornendo una risposta decisiva alle nuove questioni emergenti e alle sfide dello sviluppo del socialismo-comunismo.
 
Fino alla Seconda guerra mondiale, erano state costituite le basi per lo sviluppo della nuova società. La lotta di classe che aveva portato alla soppressione dei rapporti capitalistici e alla supremazia del settore socializzato della produzione, sulla base della Pianificazione centrale, era stata portata avanti con successo. Erano stati raggiunti notevoli risultati riguardanti la crescita della prosperità sociale.
 
Successivamente alla Seconda guerra mondiale e alla ricostruzione post-bellica, la costruzione socialista entrò in una nuova fase. Il Partito si trovò di fronte a nuove necessità e sfide riguardanti lo sviluppo del socialismo-comunismo. Il 20° Congresso del PCUS (1956) si distingue come un punto di svolta, dato che in quel congresso fu adottata una serie di posizioni opportuniste su questioni concernenti l'economia, la strategia del movimento comunista e relazioni internazionali. I rapporti di forza nella lotta ingaggiata durante tutto il periodo precedente furono modificati a favore delle posizioni revisioniste-opportuniste, con il risultato che il Partito cominciò gradualmente a perdere le sue caratteristiche rivoluzionarie. Nel decennio degli anni '80, con la perestrojka, l'opportunismo si sviluppò completamente in una forza traditrice e controrivoluzionaria. Le forze comuniste coerenti che reagirono durante la fase finale del tradimento, al 28° Congresso del PCUS, non riuscirono a rilevarlo in tempo utile e organizzare la risposta rivoluzionaria della classe operaia.
 
Valutazioni sull'economia nel corso della costruzione socialista in URSS
 
12. Con la formulazione del primo Piano di pianificazione centrale, le questioni riguardanti l'economia che occuparono il centro del dibattito teorico e della lotta politica furono: la produzione di merci è produzione socialista? Qual è il ruolo della legge del valore e dei rapporti merce-denaro nella costruzione socialista?
 
Non è teoricamente corretto affermare che la legge del valore è una legge di sviluppo del modo di produzione comunista nella sua prima fase (socialista). Questo approccio divenne dominante dagli anni '50 in URSS e nella maggior parte dei Partiti comunisti. Questa posizione venne rafforzata grazie alla conservazione dei rapporti monetario-mercantili, durante la transizione pianificata dalla produzione individuale a quella cooperativa. Questa base materiale aggravò le carenze teoriche e le debolezze politiche nella formulazione e nell'attuazione della Pianificazione centrale. Durante i decenni successivi, le politiche opportuniste indebolirono ulteriormente la Pianificazione centrale, erodendo la proprietà sociale e consolidando le forze controrivoluzionarie.
 
13. Il primo periodo della costruzione socialista fino alla Seconda guerra mondiale affrontò la questione primaria e fondamentale dell'abolizione della proprietà capitalistica e della presa in esame in modo pianificato dei problemi sociali ed economici ereditati dal capitalismo e che erano stati aggravati dall'accerchiamento e intervento imperialista. E' stato durante questo periodo che il potere sovietico ridusse drasticamente le profonde disuguaglianze che la rivoluzione aveva ereditato dall'impero zarista.
 
Durante il periodo 1917-1940, il potere sovietico riportò principalmente successi. Venne realizzata l'elettrificazione e l'industrializzazione della produzione, l'espansione dei mezzi di trasporto e la meccanizzazione di gran parte della produzione agricola. Fu dato inizio alla produzione pianificata e raggiunti tassi impressionanti nello sviluppo della produzione industriale socialista. Furono sviluppate con successo le capacità produttive presenti in tutti i settori industriali, create cooperative di produzione (kolchoz) e aziende agricole di Stato (sovkhoz) e in questo modo stabilita la base per l'espansione e la supremazia dei rapporti socialisti nella produzione agricola. La "rivoluzione culturale" era realizzata. Era iniziata la formazione di una nuova generazione di specialisti e scienziati comunisti. Il risultato più importante fu la completa abolizione dei rapporti capitalistici di produzione, con l'abolizione della vendita della forza lavoro, ponendo così le basi per la nuova formazione economico-sociale.
 
14. L'attuazione di "misure transitorie", con la prospettiva della completa abolizione dei rapporti capitalistici, era inevitabile in un paese come la Russia degli anni 1917-1921.
 
I fattori che hanno costretto il PC bolscevico ad attuare una politica di temporaneo mantenimento, in una certa misura, dei rapporti capitalistici di produzione sono stati: la composizione di classe, dove l'elemento piccolo-borghese agrario era maggioritario; la mancanza di una distribuzione, di meccanismi di approvvigionamento e monitoraggio; la grande estensione della piccola produzione e, soprattutto, il drammatico peggioramento delle condizioni di vita e di sostentamento in seguito alla distruzione causata dalla guerra civile e dall'intervento imperialista. Tutti questi fattori hanno reso difficoltoso lo sviluppo di medio termine del Piano centrale.
 
La Nuova Politica Economica (NEP), attuata in seguito alla guerra civile, rappresentò una politica di concessioni temporanee al capitalismo. Essa aveva l'obiettivo fondamentale di ripristinare l'industria dalle devastazioni della guerra e, su queste basi, costruire nel campo della produzione agricola i rapporti che avrebbero "attratto" i contadini nelle cooperative. Un certo numero di imprese fu consegnato all'uso capitalistico (ma senza i diritti di proprietà), fu sviluppato il commercio, lo scambio tra produzione agricola e industria socializzata fu regolamentato in base al concetto di "imposta in natura". Venne data la possibilità ai contadini di mettere sul mercato la restante parte della loro produzione agricola.
 
Le manovre e le concessioni temporanee ai rapporti capitalistici, richieste in determinate circostanze e particolari condizioni, non sono in alcun modo una caratteristica inevitabile del processo di costruzione del socialismo. E' arrogante e fuorviante utilizzare la NEP, come è stato fatto dalla dirigenza del PCUS con la perestroika durante gli anni '80, per giustificare la svolta verso la proprietà privata e i rapporti capitalistici.
 
15. La nuova fase di sviluppo delle forze produttive, alla fine del decennio degli anni '20 permise la sostituzione della NEP con la politica di "attacco socialista al capitalismo", che aveva come principale obiettivo la totale abolizione dei rapporti capitalistici. Le concessioni verso i capitalisti furono ritirate e la politica di collettivizzazione sviluppata, vale a dire la completa organizzazione cooperativa dell'economia agricola, soprattutto nella sua forma sviluppata, i kolchoz [13]. Allo stesso tempo furono sviluppati (anche se in modo limitato) i sovkhoz, le unità socialiste di Stato nella produzione agricola che si basavano sulla meccanizzazione della produzione e il cui intero prodotto era di proprietà sociale.
 
Il primo Piano quinquennale iniziò nel 1928, sette anni dopo la vittoria della rivoluzione (la guerra civile terminò nel 1921). Il potere sovietico incontrò difficoltà nel formulare un piano centrale per l'economia socialista fin dall'inizio, soprattutto a causa del permanere dei rapporti capitalistici (NEP) e del numero eccezionalmente elevato di produttori individuali, soprattutto contadini. Punti di debolezza sono evidenti anche nel fattore soggettivo, il Partito, che non disponendo di quadri specialisti per guidare l'organizzazione della produzione, fu quindi costretto per un certo tempo a dipendere quasi esclusivamente da specialisti borghesi.
 
Le condizioni specifiche (l'accerchiamento imperialista, la minaccia di guerra, insieme alla profonda arretratezza) forzarono l'incremento a tassi accelerati della collettivizzazione, cosa che accrebbe la lotta di classe, soprattutto nelle zone rurali. Ci furono errori di percorso e alcuni eccessi burocratici nello sviluppo del movimento di collettivizzazione della produzione agricola, che sono stati segnalati dal Partito stesso nelle sue risoluzioni di quel periodo [14]. Tuttavia, l'orientamento del potere sovietico per il potenziamento e la generalizzazione di questo movimento si mosse nella direzione corretta. Fu rivolto allo sviluppo di una forma transitoria di proprietà (cooperativa) che potesse contribuire alla trasformazione della piccola produzione mercantile individuale, in produzione direttamente sociale.
 
16. La politica di "attacco socialista al capitalismo" fu attuata in condizioni di intensa lotta di classe. I kulaki (la borghesia delle campagne), gli strati sociali che hanno beneficiato della NEP (NEPmen) e i settori dell'intellighenzia provenienti dalle vecchie classi sfruttatrici reagirono in molti modi, inclusi gli atti di sabotaggio contro l'industria (ad esempio, il "caso Shakhty" [15]) e le attività controrivoluzionarie nei villaggi. Questi interessi anti-socialisti e di classe erano riflessi nel PC, dove le correnti opportuniste si svilupparono.
 
Le due fondamentali tendenze di "opposizione" (Trotsky - Bucharin), che operarono in quel periodo, avevano una base comune nell'assolutizzare gli elementi di arretratezza nella società sovietica. Durante gli anni '30, le loro opinioni convergevano nella tesi che il superamento dei rapporti capitalistici in URSS fosse prematuro. Le loro posizioni furono respinte dal PC di Tutta l'Unione (bolscevico) - AUCP(b) - e non sono state confermate dalla realtà.
 
Nel tempo, diverse forze opportuniste stabilirono contatti con le forze apertamente controrivoluzionarie che stavano organizzando i piani per rovesciare il potere sovietico, in collaborazione con i servizi segreti dei paesi imperialisti.
 
La situazione contingente dettò il confronto diretto e risoluto con questi centri con i processi del 1936 e 1937, che rivelarono cospirazioni con elementi dell'esercito (il caso Tukhachevsky, che fu riabilitato dopo il 20° Congresso), nonché con i servizi segreti dei paesi stranieri, in particolare della Germania.
 
Il fatto che alcuni quadri dirigenti del Partito e del potere sovietico guidassero correnti opportuniste dimostra che è possibile, anche per quadri d'avanguardia, deviare, piegarsi di fronte all'acutizzarsi della lotta di classe e infine spezzare i legami con il movimento comunista e passare alla parte controrivoluzionaria.
 
17. Dopo la Seconda guerra mondiale, il dibattito sulle leggi della economia socialista, un dibattito che si era placato a causa della guerra, si intensificò nuovamente. Un confronto si sviluppò intorno a problemi specifici [16] essenzialmente tra due correnti teoriche e politiche, "pro-mercato" e "anti-mercato" e (tovarniki e anti-tovarniki), uno scontro che coinvolse quadri ed economisti del Partito.
 
I.V. Stalin, in qualità di Segretario Generale del CC del Partito, fu in prima linea nel dibattito interno al Partito e sostenne la posizione anti-mercato. Egli contribuì alla formulazione delle direttive politiche in questa direzione, ad esempio con la fusione dei kolchoz, la dissoluzione delle "imprese ausiliarie" nei kolkhoz (che producevano materiali da costruzione). Ha affrontato la corrente che spingeva per il rafforzamento dei rapporti monetario-mercantili [17], rifiutando le proposte di trasferire i mezzi di produzione meccanizzati ai kolkhoz. Ha riconosciuto che la produzione socialista non è produzione di merci e che, quindi, la legge del valore non può conciliarsi con le sue leggi fondamentali. Ha sottolineato il ruolo della Pianificazione centrale nell'economia socialista. Ha sostenuto che i mezzi di produzione non sono merci, nonostante appaiano come tali "in forma, ma non nel contenuto". Essi diventano merci solo nel commercio estero [18]. Egli ha anche riconosciuto che il funzionamento della legge del valore (dei rapporti merce-denaro) in URSS aveva le sue radici nella produzione agricola individuale e cooperativa, che la legge del valore non regola la produzione socialista e la sua distribuzione.
 
Sono state sollevate polemiche contro gli economisti e dirigenti politici "pro-mercato" che sostenevano che la legge del valore fosse, in generale, anche una legge dell'economia socialista. Una critica corretta fu sollevata anche contro quegli economisti che avallavano l'abolizione completa della distribuzione in forma monetaria, senza tener conto dei limiti oggettivi ancora posti dalla base produttiva della società del tempo.
 
Un punto debole in questo approccio è la tesi secondo cui i mezzi di consumo sono prodotti e distribuiti come merci [19]. Questa tesi era corretta solo nella misura in cui riguardava i beni della produzione socialista che erano destinati al commercio estero, così come nello scambio dei prodotti tra l'industria socialista e la produzione cooperativa e individuale. Non lo era invece per i restanti mezzi di consumo della produzione socialista, che non sono merci, anche se non sono distribuiti gratuitamente.
 
Questo approccio osservava correttamente che in Unione Sovietica la proprietà cooperativa (kolchoz) e la circolazione dei beni di consumo individuale sotto forma di merci avevano cominciato ad agire da freno al potente sviluppo delle forze produttive, perché impedivano alla Pianificazione centrale di svilupparsi del tutto sull'intera sequenza produzione-distribuzione. Esso illustrava le differenze tra le due classi che collaboravano, la classe operaia e la classe contadina dei kolkhoz, ma anche la necessità di abolirle attraverso l'abolizione pianificata della mercificazione della produzione agricola e la trasformazione del kolkhoz in proprietà sociale [20]. All'inizio degli anni '50, la dirigenza sovietica stimava giustamente che i problemi a livello economico erano espressione della limpidezza della contraddizione tra le forze produttive che si stavano sviluppando e i rapporti di produzione che erano in ritardo. Lo sviluppo delle forze produttive aveva raggiunto un nuovo livello dopo la ricostruzione postbellica dell'economia. Un nuovo e potente impulso all'ulteriore sviluppo delle forze produttive richiedeva un approfondimento e ampliamento dei rapporti socialisti (comunisti immaturi). Il ritardo interessava: la Pianificazione centralizzata, l'approfondimento del carattere comunista dei rapporti di distribuzione, una più attiva e consapevole partecipazione dei lavoratori all'organizzazione del lavoro e al controllo dal basso della sua direzione, l'eliminazione di tutte le forme di produzione individuale di merci, la subordinazione delle cooperative più sviluppate alla produzione direttamente sociale.
 
Era maturata l'esigenza di un allargamento dei rapporti comunisti, in maniera consapevole e ben pianificata, vale a dire elaborata teoricamente e politicamente, per conseguire la supremazia in quei settori della produzione sociale dove, nel precedente periodo, il loro dominio completo non era ancora stato possibile (dal punto di vista della loro maturità materiale, della produttività del lavoro).
 
La maturità dell'espansione dei rapporti comunisti nella produzione agricola si fonda su una significativa estensione della capacità dell'industria di fornire i macchinari corrispondenti, la capacità della Pianificazione centrale di realizzare opere per l'aumento della produttività agricola, la protezione dalle calamità naturali, ecc. Nonostante all'inizio degli anni '50 in URSS esistessero ancora disuguaglianze, le importanti pre-condizioni infrastrutturali e di meccanizzazione che erano state create fornivano l'opportunità di muoversi in tale direzione. Il Rapporto del CC del PC (b) al 19° Congresso cita una serie di dati che confermano questa conclusione: l'esistenza di 8.939 Stazioni di macchine e trattori (SMT), l'aumento del 59% della potenza da trazione meccanica rispetto al livello anteguerra, l'attuazione di progetti di irrigazione e bonifica durante il periodo della ricostruzione post-bellica, i progressi ottenuti dalla fusione dei kolkhoz in altri più grandi durante il periodo 1950-1952 (97.000 kolkhoz nel 1952 rispetto ai 254.000 del 1950), ecc. [21]
 
Tuttavia, rimanevano dei kolkhoz piccoli [22], che dovevano fondersi in altri più grandi nella direzione di una socializzazione della produzione agricola, come era sostenuto dalla dirigenza del PC bolscevico. L'obiettivo era fissato nell'esclusione dalla distribuzione di mercato dell'eccedenza produttiva dei kolkhoz e nella loro transizione verso il sistema di scambio tra l'industria di Stato e il kolkhoz. Si accese anche un dibattito sulla possibilità della creazione di un corpo economico unificato che potesse contribuire a costituire un "settore onnicomprensivo della produzione" che avrebbe avuto la responsabilità di allocare l'intera produzione dei beni di consumo.
 
La direzione del Partito e dello Stato presero una posizione chiara nel dibattito sulla questione delle necessarie proporzioni tra il Dipartimento I della produzione sociale (produzione dei mezzi di produzione) e il Dipartimento II (produzione dei beni di consumo). Ha indicato correttamente la priorità sostanziale del Dipartimento I nella distribuzione proporzionale e pianificata del lavoro e della produzione tra i diversi settori dell'industria socialista. Riproduzione allargata e accumulazione socialista (ricchezza sociale), necessarie per la futura espansione della prosperità sociale, dipendono da questa categoria della produzione (Dipartimento I).
 
Le corrette posizioni e direttive di Stalin, degli economisti e quadri "anti-mercato" del PC non riuscirono a portare all'elaborazione di un piano teorico generale e una linea politica corrispondente in grado di contrastare le posizioni teoriche e gli indirizzi politici orientati al mercato che andavano rafforzandosi. Potenti pressioni sociali, così come le diversità, le mancanze e le indecisioni che esistevano all'interno della corrente "anti-mercato", contribuirono in tal senso.
 
18. La resistenza sociale (dei contadini kolchosiani, dei dirigenti della produzione agricola e industriale) alla necessità di un ampliamento e approfondimento dei rapporti socialisti di produzione si esprimeva, a livello ideologico e politico, attraverso una lotta interna al Partito nei primi anni '50. L'aspro dibattito, conclusosi con l'accettazione teorica della legge del valore come una legge del socialismo, corrispose a scelte politiche con conseguenze immediate e importanti sul corso dello sviluppo socialista rispetto al periodo pre-bellico, quando l'arretratezza materiale ebbe l'effetto di rendere queste posizioni teoriche meno dannose.
 
Queste forze si espressero politicamente nelle posizioni adottate con le decisioni del XX Congresso del PCUS, un congresso che si rivelò essere quello della supremazia della deviazione opportunista di destra. Le scelte politiche che vennero gradualmente adottate estesero i rapporti monetario-mercantili (potenzialmente capitalisti) con la motivazione di correggere le debolezze della Pianificazione centrale e della gestione delle unità produttive socialiste.
 
Al fine di risolvere i problemi sorti in economia, vennero utilizzati strumenti e modalità che appartenevano al passato. Con la promozione delle politiche di "mercato", invece del rafforzamento della proprietà sociale e pianificazione centrale, dell'omogeneizzazione della classe operaia (con l'ampliamento delle abilità e capacità multi-specialistiche, per l'alternanza nella divisione tecnica del lavoro), della partecipazione operaia all'organizzazione del lavoro, del controllo operaio dal basso verso l'alto, cominciarono a rafforzarsi le tendenze inverse. In tale situazione, il livello di coscienza sociale cadde poco a poco. Le precedenti esperienze e l'efficacia della fabbrica sovietica, del movimento stacanovista nel controllo di qualità, nella più efficace organizzazione e amministrazione, nelle innovazioni per il risparmio del materiale e del tempo di lavoro, andarono perdute.
 
Gli economisti "di mercato" (Lieberman, Nemtsinov, Trapeznikov, ecc.) interpretarono erroneamente i problemi economici esistenti, non come debolezze soggettive nella pianificazione [23], ma come conseguenze derivanti dalla debolezza oggettiva della Pianificazione centrale nel rispondere allo sviluppo del volume di produzione, alla varietà dei settori e dei prodotti necessari al soddisfacimento dei nuovi bisogni sociali.
 
Sostennero che la causa teorica era la negazione volontaristica del carattere mercantile della produzione nel socialismo, la sottovalutazione dello sviluppo dell'agricoltura, la sopravvalutazione della possibilità di un intervento soggettivo nella gestione economica.
 
Sostennero che non era possibile per gli organi centrali determinare la qualità, la tecnologia e i prezzi di tutte le merci, il livello dei salari, ma che l'uso dei meccanismi di mercato era anche richiesto per favorire gli obiettivi di una economia pianificata.
 
E' stato in questo modo che prevalsero, a livello teorico, le concezioni di "produzione mercantile socialista" o di "socialismo con mercato", l'accettazione della legge del valore come una legge del modo di produzione socialista (comunista immaturo), che opera anche nella fase di sviluppo socialista. Queste teorie costituirono la base per la formulazione delle politiche economiche [24].
 
19. La politica di indebolimento della Pianificazione centrale e della proprietà sociale si intensificò dopo il 20° Congresso. Nel 1957, gli apparati ministeriali che dirigevano la produzione industriale in tutta l'URSS e in ciascuna repubblica furono sciolti e costituiti gli Organismi regionali di direzione economica "Sovnarchoz" (Consigli economici regionali). In questo modo la direzione centrale della pianificazione fu indebolita [25]. Invece di pianificare la trasformazione dei kolchoz in sovchoz e, in particolare, piuttosto che avviare il trasferimento pianificato di tutta la produzione dei kolchoz al controllo dello Stato, nel 1958 la proprietà dei trattori e altri macchinari [26] passò ai kolchoz [27], una politica che nel passato era stata bocciata. Questi cambiamenti non soltanto non risolsero i problemi, ma, al contrario, ne portarono in superficie di nuovi o ne crearono di aggiuntivi, ad esempio una carenza di mangimi per animali e una regressione dell'innovazione tecnologica nei kolchoz.
 
A metà degli anni '60, errori di carattere soggettivo nell'amministrazione economica del settore agricolo vennero individuati come la causa dei problemi [28]. Le successive riforme includevano: la riduzione delle quote di approvvigionamento dello Stato dai kolchoz [29], la possibilità di vendere la produzione eccedente a prezzi più alti, la revoca delle restrizioni sulle transazioni delle singole famiglie contadine e l'eliminazione delle imposte sulla proprietà privata del bestiame. I debiti dei kolchoz verso la Banca di Stato furono cancellati, i termini per estinguere i debiti derivanti da anticipazioni di cassa furono estesi, la vendita diretta di mangime animale ai proprietari di bestiame fu consentita. Così, la parte di produzione agricola proveniente dai singoli nuclei familiari e kolchoz e che era liberamente venduta sul mercato [30], fu conservata e aumentata, mentre il ritardo di sviluppo della produzione zootecnica approfondito e le irregolarità nel soddisfacimento dei bisogni di prodotti agricoli tra le diverse regioni e repubbliche dell'URSS aumentate.
 
Una politica analoga di rafforzamento del carattere mercantile (a spese di quello direttamente sociale) della produzione fu attivata nell'industria, conosciuta come "Riforme Kosygin" [31] (il sistema di "responsabilità economica" - "khozrachet" - delle imprese, di natura sostanziale e non formale). Si sosteneva che avrebbe combattuto la riduzione del tasso annuo di incremento della produttività del lavoro e della produzione annuale nel settore industriale, che si osservavano durante i primi anni '60, a seguito delle misure che minavano la Pianificazione centrale nei settori industriali (Sovnarkhoz-1957).
 
La prima ondata di riforme è stata portata avanti nel periodo compreso tra il 23° (1966) e il 24° (1971) Congresso. Secondo il Nuovo Sistema, i pagamenti supplementari (bonus) dei dirigenti non sarebbero stati calcolati sulla base del superamento del piano in termini di volume di produzione [32], quanto piuttosto in termini di vendite e sarebbe dipeso dal tasso di profitto delle imprese. Una parte delle remunerazioni aggiuntive dei lavoratori sarebbero pervenute anche dal profitto, così come il soddisfacimento di ulteriori esigenze abitative, ecc. In questo modo, il profitto è stato adottato come incentivo per la produzione. Si incrementarono le differenze salariali. Si diede la possibilità di transazioni monetarie mercantili orizzontali tra le imprese, di accordi diretti con "unità di consumatori e organizzazioni commerciali" per la fissazione dei prezzi, per la formazione dei profitti sulla base di queste transazioni, ecc. Il Piano centrale avrebbe determinato il livello complessivo della produzione e degli investimenti solo per le nuove imprese. L'ammodernamento delle aziende obsolete doveva essere finanziato con i profitti delle imprese.
 
Queste riforme interessavano l'intero settore della cosiddetta «proprietà di tutto il popolo», incluso cioè il funzionamento degli stessi sovchoz (aziende di Stato). Con una decisione del CC del PCUS e del Consiglio dei ministri dell'URSS (13 aprile 1967), i sovchoz cominciarono a passare ad un regime di piena responsabilità economica. Nel 1975 tutti i sovchoz operavano "sotto piena responsabilità economica" [33].
 
Lo slittamento teorico e il relativo indietreggiamento politico in URSS ebbe luogo durante una nuova fase, quando le forze produttive si erano sviluppate a un livello più elevato e necessitavano di un corrispondente sviluppo della Pianificazione centrale. In altre parole, era maturata la necessità di un approfondimento dei rapporti socialisti.
 
Le riforme di mercato che furono scelte non erano una strada a senso unico. Il confronto con i problemi economici richiedeva l'elaborazione di più efficaci incentivi e indici di Pianificazione centrale, così come la sua applicazione a livello settoriale, intersettoriale e aziendale. Allo stesso tempo furono respinte le proposte e i piani per l'uso del computer e delle tecnologie informatiche [34] che avrebbero potuto contribuire al miglioramento della tecnica di elaborazione dei dati, al fine di migliorare l'osservazione e il controllo della produzione di valori d'uso attraverso indicatori quantitativi e qualitativi.
 
Attraverso le riforme di mercato, attraverso il distacco delle unità di produzione socialista dalla Pianificazione centrale, il carattere socialista della proprietà dei mezzi di produzione venne indebolito. Il principio della distribuzione "secondo il lavoro" era violato.
 
Il 24° Congresso del PCUS (1971), con le sue direttive sulla formulazione del nono piano quinquennale (1971-1975), invertì l'ordine di priorità del Dipartimento I sul Dipartimento II. Tale rovesciamento era stato proposto al 20° Congresso, ma non era stato accettato. Questa modifica venne giustificata con la decisione di rafforzare il livello di consumo popolare. In realtà, era una scelta che violava la legge socialista e che ebbe ripercussioni negative sulla crescita della produttività del lavoro. Lo sviluppo della produttività del lavoro - elemento fondamentale per la crescita della ricchezza sociale, la soddisfazione dei bisogni sociali e la crescita totale dell'uomo - presuppone lo sviluppo dei mezzi di produzione. La pianificazione avrebbe dovuto affrontare con maggiore efficacia le seguenti necessità: l'introduzione delle moderne tecnologie nell'industria, nei servizi di trasporto, nell'immagazzinamento e distribuzione dei prodotti.
 
La scelta di rovesciare questi rapporti non ha aiutato ad affrontare le contraddizioni che erano state espresse (ad esempio l'eccesso di reddito in forma monetaria e la mancanza di una adeguata quantità di beni di consumo, come elettrodomestici elettronici e televisori a colori). Al contrario, allontanò la Pianificazione centrale dal suo obiettivo primario di crescita della prosperità sociale e aggravò ulteriormente la contraddizione tra il livello di sviluppo delle forze produttive e il livello dei rapporti comunisti di produzione e distribuzione.
 
Nel corso degli anni '80, a livello politico, le decisioni del 27° Congresso (1986) costituirono una ulteriore scelta opportunista. Successivamente, la controrivoluzione è stata promossa anche attraverso l'approvazione della legge (1987) che legittimava istituzionalmente i rapporti economici capitalistici, con il pretesto dell'accettazione delle diverse forme di proprietà.
 
All'inizio degli anni '90, l'approccio socialdemocratico dell'"economia pianificata di mercato" (il programma del CC del PCUS al 28° Congresso) fu rapidamente abbandonato a favore della posizione di "economia di mercato regolamentata", sostituita poi da quella di "economia di libero mercato".
 
20. La direzione che divenne dominante dovrebbe essere giudicata oggi non solo dal punto di vista teorico, ma anche dai suoi risultati pratici. Dopo due decenni di applicazione di queste riforme, i problemi si erano palesemente acuiti. La stagnazione apparse per la prima volta nella storia della costruzione socialista. L'arretratezza tecnologica continuò a essere una realtà per la stragrande maggioranza delle imprese. Cominciarono a essere carenti molti prodotti di consumo e si presentarono nuovi problemi nel "mercato" perché le imprese provocavano aumenti artificiali dei prezzi, accaparrando merci nei magazzini o fornendole in quantità controllata.
 
Un indice importante dell'arretramento dell'economia sovietica nel corso degli anni '70 è stato il calo della quota dell'URSS nella produzione mondiale di materie prime industriali e di manufatti.
 
La partecipazione sempre crescente di elementi di mercato nella produzione direttamente sociale del socialismo indebolì la produzione stessa. Portò a un calo nelle dinamiche dello sviluppo socialista. Gli interessi a breve termine individuali e di gruppo (con un incremento nella differenza di reddito tra i lavoratori di ciascuna impresa, tra i lavoratori e gli apparati dirigenziali, tra le diverse aziende) furono accentuati rispetto agli interessi globali della società. Col passare del tempo, furono create le condizioni sociali perché la controrivoluzione prosperasse e alla fine prevalesse utilizzando la perestroika come strumento.
 
Grazie a queste riforme si creò la possibilità per cui, quantità di denaro che erano state accumulate soprattutto attraverso mezzi illegali (contrabbando, ecc.), fossero investite nel mercato "nero" (illegale). Queste opportunità toccavano principalmente i funzionari degli strati direttivi delle imprese e dei settori della produzione, i quadri dei kolchoz e del commercio estero. I dati riguardanti la cosiddetta "para-economia" (economia parallela) sono stati forniti dal Ministero della Giustizia dell'URSS. Secondo queste statistiche, una percentuale significativa della produzione agricola cooperativa o statale è stata indirizzata ai consumatori per vie illegali.
 
Si ampliarono le differenze di reddito tra i singoli produttori agricoli, i kolchosiani, e crebbe la loro opposizione al rafforzamento del carattere direttamente sociale della produzione agricola. Una parte dei contadini e dei quadri dirigenziali dei kolchoz che andava arricchendosi si rafforzò come strato sociale che impediva la costruzione socialista. Le differenze sociali nel settore industriale furono ancora più pronunciate per via della concentrazione dei "profitti aziendali". Il cosiddetto "capitale ombra", risultato non solo dei profitti aziendali ma anche del mercato nero, di atti criminali di malversazione del prodotto sociale, cercava di funzionare legalmente come capitale nella produzione, per esempio nella privatizzazione dei mezzi di produzione e nella restaurazione del capitalismo. I proprietari di questo capitale costituivano la forza motrice della controrivoluzione sociale. Hanno utilizzato la loro posizione negli organismi statali e di partito. Hanno trovato sostegno nei settori della popolazione più vulnerabili, a causa della loro posizione oggettiva, dell'influenza dell'ideologia borghese, ad esempio una parte significativa della intellighenzia, settori della gioventù, come gli studenti universitari [35]. Queste forze, direttamente o indirettamente, influenzarono il Partito, intensificando la sua erosione opportunista e la sua degenerazione controrivoluzionaria, espressa attraverso le politiche della "perestroika" e cercarono il consolidamento istituzionale dei rapporti capitalistici. Questo è stato ottenuto dopo la perestroika, con il rovesciamento del socialismo.
 
Conclusioni sul ruolo del Partito Comunista nel processo di edificazione socialista
 
21. Il ruolo indispensabile del Partito nel processo di fondazione e sviluppo socialista si manifesta nella direzione del potere statale della classe operaia e nel coinvolgimento delle masse alla partecipazione a questo processo.
 
La classe operaia si presenta come forza principale di questo nuovo potere statale, in primo luogo attraverso il suo Partito.
 
La lotta per la fondazione e lo sviluppo della nuova società è compiuta dal potere operaio rivoluzionario, con il Partito Comunista, il quale agisce coscientemente sulla base delle leggi di movimento della società socialista-comunista, come suo nucleo guida. L'essere umano, impadronendosi dei processi sociali, passa gradualmente dal regno della necessità al regno della libertà. Da ciò deriva il ruolo superiore del fattore soggettivo rispetto a tutte le precedenti formazioni economico-sociali in cui l'attività umana è stata dominata dall'applicazione spontanea delle leggi sociali, sulla base dello sviluppo spontaneo dei rapporti di produzione.
 
Di conseguenza, la natura scientifica e di classe delle politiche del PC è un presupposto fondamentale per l'edificazione socialista. Nella misura in cui queste caratteristiche si perdono, cresce l'opportunismo che, se non affrontato, gradualmente si sviluppa in una forza controrivoluzionaria.
 
Il compito di allargare i rapporti comunisti di produzione-distribuzione presuppone lo sviluppo della teoria del comunismo scientifico da parte del PC, attraverso la comprensione delle leggi di movimento della formazione economico-sociale comunista tramite l'utilizzo dello studio scientifico con un indirizzo di classe. L'esperienza ha dimostrato che i partiti al governo in URSS e negli altri Stati socialisti non adempirono con successo a questo dovere.
 
Nel suo complesso, la coscienza di classe all'interno della classe operaia non si sviluppa spontaneamente e in modo unitario. L'aumento della coscienza comunista nelle masse della classe operaia è determinato soprattutto dal rafforzamento dei rapporti comunisti di produzione e dal livello di partecipazione della classe operaia, con la dirigenza del PC che funge da veicolo principale per la penetrazione della coscienza rivoluzionaria tra le masse. E' su questa base materiale che devono radicarsi il lavoro ideologico, così come l'impatto del Partito rivoluzionario che consolida il suo ruolo guida nella misura in cui mobilita la classe operaia nell'edificazione socialista.
 
La coscienza dell'avanguardia deve sempre essere alla testa della coscienza di massa diffusa all'interno della classe operaia dalle relazioni economiche. Da qui la necessità per il Partito di possedere un alto livello teorico-ideologico ed essere tenace e costante nella lotta contro l'opportunismo, non solo sotto il capitalismo ma ancor più nelle condizioni di costruzione del socialismo.
 
22. La svolta opportunista che ha dominato dagli anni '50 e la progressiva perdita del carattere rivoluzionario del Partito, confermano che nella società socialista il pericolo dello sviluppo di deviazioni non scompare. Al di là dell'accerchiamento imperialista e del suo impatto indubbiamente negativo, la base sociale dell'opportunismo rimane fino a quando permangono le forme di proprietà privata e di gruppo, le relazioni monetario-mercantili e le disparità sociali. La base materiale dell'opportunismo continuerà a esistere per tutta la durata della costruzione del socialismo e fino a quando il capitalismo, in particolare negli Stati capitalisti più potenti, seguiterà a esistere sulla terra.
 
La nuova fase, dopo la Seconda guerra mondiale, ha trovato il Partito indebolito ideologicamente e in termini di classe, con la massiccia perdita di quadri d'esperienza e temprati nella lotta di classe, con carenze teoriche di fronte ai nuovi problemi che si profilavano. Si è trovato vulnerabile nella lotta interna, riflesso delle differenze sociali esistenti. In queste condizioni, la bilancia si è spostata a favore dell'adozione di posizioni opportuniste e revisioniste, molte delle quali erano state sconfitte durante le precedenti fasi della lotta interna.
 
L'adozione di posizioni revisioniste e opportuniste da parte della dirigenza del PCUS e degli altri Partiti comunisti al potere, alla fine trasformò questi Partiti nei veicoli che portarono alla controrivoluzione degli anni '80.
 
Il XIX Congresso (1952) ne rilevava sia la sottovalutazione che gli altri gravi problemi legati allo sviluppo del lavoro ideologico del Partito [36]. I dati ufficiali rivelano cambiamenti nel numero e nella composizione degli iscritti al Partito. Al XVIII Congresso (marzo 1939) il PC(b) contava 1.588.852 membri effettivi e 888.814 candidati. Durante la Seconda guerra mondiale, i membri a pieno titolo superarono 3.615.000 ed i candidati 5.319.000 [37]. Nel corso della guerra, il PC ha perduto tre milioni di elementi [38]. Al XIX Congresso nel 1952, il PCUS contava 6.013.259 membri effettivi e 868.886 candidati [39].
 
La svolta opportunista avvenuta durante il XX Congresso del PCUS (1956) e la conseguente perdita graduale delle caratteristiche rivoluzionarie del Partito, partito di governo che era al tempo stesso l'obiettivo dell'aggressione imperialista, rese più difficile il risveglio e la mobilitazione dei comunisti coerenti. Fu combattuta una lotta tra le fila del PCUS, prima, durante [40] e dopo il XX Congresso. Il periodo in cui Andropov era il Segretario generale del CC del PCUS (novembre 1982-febbraio 1984), che ha preceduto il periodo della perestrojka, è stato troppo breve per essere giudicato in modo definitivo. Tuttavia, in articoli e documenti del PCUS del periodo, vengono fatti riferimenti alla necessità di intensificare la lotta contro le visioni borghese e riformista rispetto alla costruzione del socialismo, così come al bisogno di vigilare nei confronti delle attività sovversive dell'imperialismo.
 
Le forze comuniste coerenti, che esistevano all'interno del PCUS, non furono in grado di svelare per tempo l'insidioso carattere controrivoluzionario della linea che prese il sopravvento al Plenum del CC dell'aprile 1985 e al XXVII Congresso del PCUS (1986). La storia ha dimostrato che al XXVIII Congresso (1990), alla vigilia dell'assalto finale della controrivoluzione, coesistevano all'interno del PCUS forze borghesi opportuniste e comuniste. Le forze comuniste non ebbero la forza di imporsi per impedire la vittoria della controrivoluzione, anche se resistettero durante il XXVIII Congresso e in seguito. Esse si raccoglievano intorno al «Fronte Unito del Popolo Lavoratore di Russia» e presentarono candidati alla presidenza e vice-presidenza di Russia. Attraverso l'azione del «Movimento per l'Iniziativa Comunista» nelle file del PCUS, cercarono di ottenere l'espulsione di Gorbaciov dal Partito per attività anticomuniste [41].
 
Nonostante tale resistenza, non si formò per tempo un'avanguardia comunista rivoluzionaria dotata di chiarezza politica e ideologica e della forza di coesione capace di guidare la classe operaia ideologicamente, politicamente e organizzativamente in opposizione alla controrivoluzione in crescita. Anche se questo sviluppo non poteva essere fermato, soprattutto dagli anni '80, è certo che una resistenza importante, sia all'interno dei partiti di governo che all'interno del movimento comunista internazionale, avrebbe potuto contribuire a far sì che la lotta odierna per la ricostruzione del movimento internazionale potesse svolgersi in condizioni migliori. Avrebbe inoltre potuto creare i presupposti per il superamento della sua profonda crisi.
 
Lo svilupparsi e il prevalere di posizioni ideologiche revisioniste e di politiche opportuniste, la graduale erosione opportunista del PCUS e degli altri PC al potere, la degenerazione del carattere rivoluzionario del potere statale, il pieno sviluppo e la vittoria della controrivoluzione non erano inevitabili.
 
Stiamo portando avanti l'indagine di tutti i fattori che hanno contribuito a quest'esito e gli elementi che seguono possono esservi inclusi:
 
A) - Il declino del livello di preparazione politica marxista nella dirigenza del PC e nel Partito in generale a causa delle specifiche condizioni di guerra, la gran quantità di vittime e l'improvviso aumento del numero di membri del Partito, che ebbe tra i suoi risultati il ritardo nello sviluppo dell'Economia politica del socialismo.
 
- La relativa dipendenza che fin dall'inizio il potere statale comunista in URSS aveva rispetto a quadri amministrativi e scientifici di origine borghese.
 
- L'eredità storica dell'URSS, dal punto di vista della grande arretratezza pre-capitalista e del suo sviluppo capitalistico ineguale.
 
- Necessitano di ulteriori analisi i cambiamenti nella composizione di classe del Partito, nella sua struttura e funzionamento e l'impatto sul piano ideologico e sulla natura rivoluzionaria del Partito, dei suoi membri e dei suoi quadri.
 
- Le perdite imponenti durante la Seconda guerra mondiale e i sacrifici a livello di benessere sociale richiesti dalla ricostruzione post-bellica, in condizioni di concorrenza con la ricostruzione capitalista in Europa occidentale che era sostenuta, in misura significativa, dalla capacità e dalla necessità degli Stati Uniti di esportare capitali.
 
- Problemi e contraddizioni nel percorso di assimilazione nel sistema socialista dei paesi dell'Europa centrale e orientale.
 
- La paura di una nuova guerra a causa degli interventi imperialisti in Corea, ecc., la Guerra fredda, il dogma Holstein della Germania Ovest (il non riconoscimento della RDT e la sua caratterizzazione come «zona di occupazione sovietica»).
 
B) La strategia imperialista ha adattato la sua forma nei diversi periodi del potere operaio rivoluzionario (aggressione imperialista diretta nel 1918 e 1941, proclamazione della "guerra fredda" nel 1946), includendo una politica diversificata delle relazioni diplomatiche e delle transazioni commerciali con alcuni Stati dell'Europa centrale e orientale, così come una più diretta pressione ideologica e politica contro l'URSS. La politica interventista dell'imperialismo internazionale contro i paesi dell'edificazione socialista si servì del ruolo sovversivo della socialdemocrazia internazionale.
 
Il rapporto di forze internazionali nella Seconda guerra mondiale favorì il consolidamento dell'opportunismo, che alla fine prevalse nel corso degli anni '50. La multiforme pressione esterna dall'inizio degli anni '40 assunse le seguenti forme:
 
- Occupazione imperialista tedesca di una parte rilevante dell'URSS.
 
- Accerchiamento imperialista dell'Unione Sovietica attraverso la sua alleanza forzata con Stati Uniti e Gran Bretagna.
 
- Problemi nella linea strategica del movimento comunista internazionale, in particolare nei PC di Stati Uniti e Gran Bretagna, cioè nei PC delle principali potenze imperialiste che divennero alleate quando una parte significativa dell'URSS era sotto occupazione tedesca.
 
- Pressione delle forze piccolo-borghesi nei fronti di liberazione e nei governi degli Stati neo-alleati dell'URSS.
 
La pressione esterna si combinò a quella interna esercitata dalle forze piccolo-borghesi (o anche da quadri di origine borghese dei settori economico e amministrativo). In URSS, la produzione privata (individuale) di merci si rafforzò con l'incorporazione di nuovi territori dopo la Seconda guerra mondiale.
 
Quanto sopra esposto costituisce l'insieme di quei fattori di sviluppo dell'opportunismo, condizioni che hanno fatto registrare una grande crescita tra i ranghi del Partito e una perdita di quadri ed elementi della Rivoluzione.
 
L'evoluzione della composizione sociale del Partito, delle strutture e delle procedure interne del Partito (motivi del lungo ritardo nel tenere un congresso) e la loro influenza sul piano ideologico e delle caratteristiche rivoluzionarie del Partito nel suo complesso, dei suoi membri e quadri, sono oggetto di ulteriori studi.
 
C) I problemi di strategia e la spaccatura nel movimento comunista internazionale.
 
Il corso del potere sovietico
 
23. Il fondamento teorico per l'analisi del corso del potere sovietico è che il potere statale nel socialismo si concreta nella dittatura del proletariato. È il potere della classe operaia non condiviso con alcuno, com'è il caso di tutte le forme di potere statale. La dittatura del proletariato è lo strumento della classe operaia nella lotta di classe che continua con altri mezzi e forme.
 
La classe operaia, poiché portatrice dei rapporti comunisti che si vanno formando, come proprietaria collettiva dei mezzi di produzione socializzati, è l'unica classe che può condurre la lotta per la supremazia totale dei rapporti comunisti, per lo "sradicamento" delle classi e il dissolvimento dello Stato. Per mezzo del suo potere statale, la classe operaia rivoluzionaria come classe dominante sviluppa le sue alleanze con gli altri strati popolari (ad esempio la piccola proprietà cooperativa della città e campagna, i lavoratori autonomi nel settore dei servizi), così come con gli scienziati, intellettuali e tecnici provenienti dai ceti medio-alti che non sono ancora lavoratori della produzione direttamente sociale (socialista). Grazie a quest'alleanza, la classe operaia cerca di coinvolgere questi strati nella fondazione e sviluppo del socialismo, verso la supremazia totale dei rapporti comunisti.
 
Una simile alleanza, così come la lotta, prevedono ovviamente dei compromessi poiché esistono contraddizioni oggettive tra queste forze sociali dal momento che tali alleanze hanno sia interessi comuni, che distinti e potenzialmente competitivi. Contraddizioni che, se non risolte nella direzione di un ampliamento e approfondimento dei rapporti socialisti, rischiano di acuirsi. [42]
 
La dittatura del proletariato è mantenuta fino a quando tutti i rapporti sociali diventano comunisti, vale a dire fino a quando vi è la necessità dello Stato come meccanismo di dominio politico. La sua necessità è anche il risultato del proseguimento della lotta di classe internazionale.
 
24. Le scelte politiche riguardanti la sovrastruttura, le istituzioni della dittatura del proletariato, il controllo operaio, ecc., sono strettamente connesse alle scelte politiche a livello economico, giacché il compito principale della dittatura del proletariato è la formazione di nuovi rapporti sociali.
 
Nella prima Costituzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) [43] e nella prima Costituzione dell'URSS del 1924 (così come nelle Costituzioni delle Repubbliche del 1925), il rapporto tra masse e macchina statale era messo in atto attraverso la rappresentanza elettorale indiretta dei lavoratori, con l'unità di produzione come collegio elettorale. Il diritto di voto era assicurato solo ai lavoratori (non generalmente ai cittadini). Ai borghesi, proprietari terrieri, a tutti coloro che sfruttavano la forza-lavoro altrui, preti e monaci, elementi controrivoluzionari, tale diritto era negato. Le concessioni verso i capitalisti durante il periodo della NEP non includevano i diritti politici.
 
Nella Costituzione del 1936 venne stabilita una rappresentanza elettorale diretta attraverso circoscrizioni elettorali geografiche (la regione divenne il collegio elettorale con rappresentanza proporzionale al numero di residenti). Lo svolgimento delle elezioni nelle assemblee fu sostituito da quello delle circoscrizioni elettorali. Il diritto di voto fu concesso a tutti con scrutinio segreto e universale.
 
I cambiamenti nella Costituzione del 1936 furono improntati alla soluzione di alcuni problemi [44], come ad esempio la mancanza di comunicazione diretta tra funzionari dei Soviet e del Partito con la base e il funzionamento dei soviet, gli atteggiamenti burocratici, ecc., oltre che a garantire la stabilità del potere sovietico dinanzi alla guerra imminente.
 
L'approccio critico necessita di un approfondimento per valutare il declassamento funzionale delle unità di produzione come nucleo di organizzazione del potere operaio, attraverso all'abolizione del principio di unità produttiva e della elezione indiretta dei delegati attraverso congressi e assemblee. Abbiamo bisogno di studiare il suo impatto negativo sulla composizione di classe dei più alti organi dello Stato e sull'applicazione del diritto di revoca dei delegati (che secondo Lenin costituisce un fondamentale elemento di democraticità nella dittatura del proletariato).
 
25. Dopo il XX Congresso (1956), i poteri dei Soviet locali su questioni inerenti la "contabilità economica" e l'"auto-gestione" delle imprese socialiste furono rafforzati. In questo modo, il centralismo democratico a livello politico arretrò di pari passo all'indietreggiamento della Pianificazione centrale a livello economico. Furono adottate misure che rafforzavano la "permanenza" dei funzionari nei soviet, attraverso il graduale aumento della durata del mandato dei loro organi e un ampliamento della possibilità di esenzione dei delegati dai loro doveri nella produzione.
 
Al XXII Congresso del PCUS (1961), furono adottate valutazioni e approcci errati sul "socialismo sviluppato" e la "fine della lotta di classe". In nome delle "contraddizioni non antagonistiche" tra classi e gruppi sociali, fu adottata la tesi che l'URSS era uno "stato di tutto il popolo" (consolidata nella revisione costituzionale del 1977) e il PCUS un "partito di tutto il popolo". Questo sviluppo ha contribuito all'alterazione delle caratteristiche di Stato operaio rivoluzionario, al deterioramento della composizione sociale del Partito e dei suoi quadri, alla perdita della vigilanza rivoluzionaria che fu teorizzata con la tesi della "irreversibilità" del corso socialista.
 
Attraverso la perestrojka e la riforma del sistema politico del 1988, il sistema sovietico degenerò in un organo parlamentare borghese con una divisione fra le funzioni esecutive e legislative, una permanenza dei titolari in carica, un indebolimento del diritto di revoca, un'alta remunerazione, ecc.
 
26. L'esperienza pratica mostra l'allontanamento graduale delle masse dalla partecipazione al sistema sovietico, che - in particolare durante gli anni '80 - aveva raggiunto un carattere puramente formale. Questa presa di distanza non può essere attribuita esclusivamente o principalmente ai cambiamenti nel funzionamento dei Soviet, ma alle differenziazioni sociali che divenivano più forti attraverso le politiche economiche perseguite, all'acuirsi delle contraddizioni tra gli interessi individuali e di gruppo da un lato e l'interesse sociale collettivo dall'altro. Fu in questo modo che i criteri di controllo dei lavoratori andarono degenerando o acquisirono un carattere formale.
 
La direzione del PCUS adottò politiche che indebolivano il carattere sociale della proprietà e rafforzavano ristretti interessi individuali e di gruppo, creando in tal modo un sentimento di alienazione dalla proprietà sociale e di erosione della coscienza. La strada alla passività, all'indifferenza e all'individualismo era aperta, la pratica sempre più lontana dai pronunciamenti ufficiali, i tassi della riproduzione allargata industriale e agricola in declino, così come il soddisfacimento dei sempre crescenti bisogni sociali.
 
La classe operaia, le masse popolari in generale, non respinsero il socialismo. È da notare che gli slogan utilizzati dalla perestroika erano "rivoluzione nella rivoluzione", "più democrazia", "più socialismo", "socialismo dal volto umano", "ritorno ai principi leninisti", perché una larga parte del popolo, che vedeva i problemi, voleva cambiamenti nell'ambito del socialismo. Entrambi i provvedimenti che inizialmente indebolirono i rapporti comunisti, rafforzando le relazioni monetario-mercantili, così come quelli che poi aprirono la strada al ritorno della proprietà privata dei mezzi di produzione vennero promossi come misure atte a rafforzare il socialismo.
 
La strategia del movimento comunista internazionale e gli sviluppi al suo interno
 
27. Gli sviluppi all'interno del movimento comunista internazionale e le questioni legate alla sua strategia hanno svolto un ruolo importante nella lotta di classe a livello mondiale e nella configurazione dei rapporti di forza [45].
 
I problemi dell'unità ideologica e strategica sono stati espressi durante l'intero corso dell'Internazionale Comunista (IC), riguardo il carattere della rivoluzione, la natura della guerra imminente dopo l'ascesa del fascismo in Germania [46] e l'atteggiamento nei confronti della socialdemocrazia.
 
I gruppi opportunisti all'interno del PC bolscevico (trotzkisti - bukhariniani) erano connessi alla lotta in corso all'interno dell'IC, riguardante la strategia del movimento comunista internazionale. Alla fine degli anni '20, durante il VI Congresso dell'IC, Bucharin, come presidente dell'IC, sostenne quelle forze nei PC e nell'IC che esaltavano la "stabilizzazione del capitalismo" e l'improbabilità di una nuova ondata rivoluzionaria, esprimendo uno spirito di riavvicinamento con la socialdemocrazia, in particolare verso la sua "ala sinistra", ecc.
 
Una rilassatezza nel funzionamento dell'IC come centro unitario era apparsa molti anni prima della sua auto-dissoluzione (1943) [47]. Lo scioglimento dell'IC (maggio 1943), nonostante i problemi di unità e indipendentemente dal fatto che avrebbe potuto o meno essere mantenuta, privò il movimento comunista internazionale del centro e della capacità di elaborazione coordinata di una strategia rivoluzionaria per la trasformazione della lotta contro la guerra imperialista o l'occupazione straniera in una lotta per il potere statale, come dovere comune di ogni PC nelle rispettive condizioni del proprio paese [48].
 
Indipendentemente dalle ragioni che hanno portato alla dissoluzione dell'IC, vi è una necessità oggettiva per il movimento comunista internazionale di formulare una strategia rivoluzionaria unitaria, di pianificare e coordinare la sua azione. Un più profondo studio riguardante lo scioglimento dell'IC deve prendere in considerazione una serie di sviluppi [49], quali: la cessazione delle attività dell'Internazionale dei Sindacati Rossi nel 1937, perché la maggior parte delle sue sezioni si fuse o si unì ai sindacati riformisti di massa; la decisione del VI Congresso dei Gioventù Comunista Internazionale (1935), secondo cui la lotta contro il fascismo e la guerra richiedevano un cambiamento nel carattere delle organizzazioni giovanili comuniste, che portò in alcuni casi alla loro unificazione con le organizzazioni giovanili socialiste (ad esempio in Spagna, Lettonia, ecc.).
 
Mentre la guerra creava un'acutizzarsi delle contraddizioni di classe all'interno di molti paesi, la lotta antifascista portò al rovesciamento del potere borghese, con l'appoggio decisivo ai movimenti popolari da parte dell'Armata Rossa, solo nei paesi dell'Europa centrale e orientale.
 
Nell'Occidente capitalista, i PC non elaborarono una strategia per la trasformazione della guerra imperialista o della lotta di liberazione nazionale in lotta per la conquista del potere statale. La strategia del movimento comunista non si servì del fatto che la contraddizione tra capitale e lavoro fosse parte integrante del carattere antifascista e di liberazione nazionale della lotta armata in un certo numero di paesi, al fine di sollevare la questione del potere statale, dato che il socialismo e la prospettiva del comunismo rappresentano l'unica soluzione alternativa alla barbarie capitalista.
 
La mancanza di tale strategia nei PC non può essere giustificata dai rapporti di forza sfavorevoli dovuti alla presenza militare delle truppe americane e britanniche in una serie di paesi dell'Europa occidentale. I PC sono tenuti a elaborare la loro strategia a prescindere dai rapporti di forze. C'è stato un graduale abbandono del concetto che tra capitalismo e socialismo non può esistere alcun sistema sociale intermedio, quindi nessun potere politico intermedio tra potere statale borghese e operaio.
 
Questa tesi è vera a prescindere dai rapporti di forza, indipendentemente dai problemi che possono fungere da catalizzatore per l'accelerazione degli sviluppi, ad esempio l'acuirsi delle contraddizioni inter-imperialistiche, una guerra imperialista, i cambiamenti che possono avvenire nella forma del potere statale borghese.
 
28. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, le alleanze furono ricomposte. Gli stati capitalisti e le forze borghesi e opportuniste, che avevano partecipato alle lotte di liberazione nazionale di ciascun paese (ad esempio le forze socialdemocratiche), si unirono contro il movimento comunista e gli Stati socialisti.
 
In queste condizioni, gli effetti negativi della crescente erosione opportunista di alcuni settori del movimento comunista internazionale diventarono ancora più chiari. L'unità ideologica gravemente colpita e la mancanza di un legame organizzativo tra i PC dopo lo scioglimento dell'IC, non consentì l'elaborazione di una strategia indipendente ed unitaria del movimento comunista internazionale da contrapporre a quella dell'imperialismo internazionale.
 
L'"Ufficio informazioni" dei Partiti comunisti [50], che era stato istituito nel 1947 e sciolto nel 1956, così come gli incontri internazionali dei PC che seguirono, non potevano affrontare adeguatamente questi problemi.
 
Dopo la guerra, il sistema imperialista internazionale restò forte nonostante l'indubbio rafforzamento delle forze del socialismo. Subito dopo la fine della guerra, l'imperialismo, sotto l'egemonia degli Stati Uniti, diede inizio alla "Guerra Fredda", che fu una strategia accuratamente elaborata per minare il sistema socialista.
 
La "Guerra Fredda" comprendeva l'organizzazione di una guerra psicologica, l'intensificazione delle spese militari per sfiancare l'URSS economicamente, reti di sovversione e di erosione del sistema socialista dall'interno, aperte provocazioni e incitamento degli sviluppi controrivoluzionari (ad esempio in Jugoslavia nel 1947-1948, nella RDT nel 1953, in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968, ecc.). Nei confronti dei nuovi Stati socialisti fu seguita una strategia differenziata, economica e diplomatica in modo da rompere la loro alleanza con l'URSS e rafforzare le condizioni per la loro erosione opportunista.
 
Allo stesso tempo, il sistema imperialista, con gli Stati Uniti al timone, creò una serie di alleanze militari, politiche ed economiche e di organizzazioni creditizie internazionali (NATO, Comunità Europea, FMI, Banca Mondiale, accordi commerciali internazionali). Queste alleanze assicurarono il coordinamento degli Stati capitalisti e coprirono alcune delle loro contraddizioni, al fine di servire il comune obiettivo strategico di una pressione su più fronti verso il sistema socialista. Organizzarono interventi imperialisti, molteplici e sistematiche provocazioni e campagne anticomuniste. Usarono le più moderne armi ideologiche per manipolare i popoli, per creare un clima ostile nei confronti degli Stati socialisti e del movimento comunista in generale. Utilizzarono le deviazioni opportuniste e i problemi di unità ideologica del movimento comunista. Sostennero economicamente, politicamente e moralmente ogni forma di malcontento o disaccordo con il PCUS e l'URSS. Misero a disposizione miliardi di dollari dei loro bilanci statali per questo scopo.
 
29. La linea della "coesistenza pacifica", per come è stata sviluppata nel dopoguerra, in una certa misura nel XIX Congresso (ottobre 1952) [51] e soprattutto nel XX Congresso del PCUS (1956) [52], riconosceva la barbarie capitalista e l'aggressione di Stati Uniti e Gran Bretagna, e di alcuni settori della borghesia e delle sue relative forze politiche negli Stati capitalisti dell'Europa occidentale, ma non come elemento integrante del capitalismo monopolistico, dell'imperialismo. In questo modo, permise di alimentare idee utopistiche come ad esempio che fosse possibile per l'imperialismo accettare nel lungo termine la coesistenza con quelle forze che avevano infranto il suo dominio sul mondo intero.
 
Dal XX Congresso del PCUS (febbraio 1956) con la sua tesi di una "varietà di forme di transizione al socialismo, in date condizioni", la linea della "coesistenza pacifica" fu legata anche alla possibilità di una transizione parlamentare al socialismo in Europa, una strategia che già esisteva in un certo numero di Partiti comunisti e che finì per prendere il sopravvento nella maggior parte di essi. Questa tesi costituisce in sostanza una revisione delle lezioni dell'esperienza rivoluzionaria sovietica e una strategia riformista socialdemocratica. La strategia unitaria del capitalismo contro gli Stati socialisti e il movimento operaio nei paesi capitalisti, fu sottovalutata. Le contraddizioni tra gli Stati capitalisti, che ovviamente contenevano l'elemento di dipendenza, com'è inevitabile all'interno della piramide imperialista, non sono state correttamente analizzate. La valutazione che ci fosse un rapporto di "subordinazione e dipendenza" di ogni paese capitalista verso gli Stati Uniti prese il sopravvento [53]. Venne adottata la strategia del "governo antimonopolistico" come una sorta di fase tra capitalismo e socialismo, che avrebbe risolto i problemi di "dipendenza" dagli Stati Uniti. Questa linea fu accolta anche dal PCUSA, vale a dire il PC del paese al vertice della piramide imperialista. Nella prassi politica questo trovò espressione nella partecipazione dei PC a governi che gestivano il capitalismo in alleanza con la socialdemocrazia.
 
Fu così che i PC scelsero una politica di alleanze che comprendeva le forze borghesi, quelle "di pensiero nazionalista" in contrapposizione a quelle che erano considerate servili all'imperialismo straniero. Tali opinioni regnavano anche in quei settori del movimento comunista che, durante la frattura degli anni '60, si erano orientati verso il PC cinese e che costituivano la corrente maoista.
 
L'atteggiamento di molti PC verso la socialdemocrazia era parte di questa strategia. L'idea che la socialdemocrazia si sarebbe potuta distinguere in ala "sinistra" e "destra" divenne nei PC dominante negli anni, indebolendo seriamente la lotta ideologica contro di essa. In nome dell'unità della classe operaia, i PC fecero una serie di concessioni ideologiche e politiche, mentre i proclami di unità da parte della socialdemocrazia avevano come scopo non di rovesciare il sistema capitalista, ma il distacco della classe operaia dall'influenza delle idee comuniste e la sua alienazione come classe.
 
In Europa occidentale, nelle file di molti PC, con il pretesto delle peculiarità nazionali di ogni paese, dominava la corrente opportunista nota come "eurocomunismo", una corrente che negava le leggi scientifiche della rivoluzione socialista, la dittatura del proletariato e la lotta rivoluzionaria in generale.
 
Entrambe le sezioni del movimento comunista (al potere o meno) sopravvalutarono la forza del sistema socialista e sottovalutarono la dinamica della ricostruzione post-bellica del capitalismo. Allo stesso tempo si approfondì la crisi del movimento comunista internazionale, che inizialmente si espresse con la rottura completa dei rapporti tra il PCUS e il PCC e successivamente con la creazione della corrente conosciuta come "eurocomunismo".
 
L'interazione reciproca dell'opportunismo tra i PC dei paesi capitalisti e quelli al governo fu rafforzata in un contesto di timore di un attacco nucleare contro i paesi socialisti, dall'acuirsi della lotta di classe all'interno degli Stati socialisti (Europa centrale e orientale) e da nuove guerre imperialiste (contro Vietnam e Corea). La tattica flessibile dell'imperialismo ebbe un impatto sullo sviluppo dell'opportunismo nei PC degli Stati socialisti, sull'indebolimento dell'edificazione del socialismo e della lotta rivoluzionaria nell'Europa capitalista e nel mondo. Così, direttamente o indirettamente, la pressione imperialista sugli Stati socialisti venne rafforzata utilizzando, tra le altre, sia la corrente eurocomunista, sia quelle trotzkista e maoista le quali, in misura maggiore o minore, sostennero gli attacchi imperialisti contro l'URSS e gli altri paesi socialisti.
 
Una valutazione della posizione del KKE
 
30. Il XIV Congresso del KKE (1991) e la Conferenza nazionale (1995) valutarono in modo autocritico che: come Partito non sono stati evitati l'idealizzazione e l'abbellimento del socialismo, così com'è stato costruito durante il XX secolo; sono stati sottovalutati i problemi riscontrati, attribuendoli soprattutto a fattori oggettivi e sono stati giustificati come inerenti allo sviluppo del socialismo, cosa che ha dimostrato di non corrispondere alla realtà; è stata sottovalutata la complessità della lotta contro i residui ereditati dal passato e sopravvalutato il corso dello sviluppo socialista, sottovalutando contemporaneamente la tenacia del sistema imperialista internazionale.
 
La nostra autocritica riguarda l'erronea percezione della realtà socialista e la natura delle contraddizioni nel processo di formazione e sviluppo della nuova società. La posizione assunta dal nostro Partito costituiva parte del problema. La nostra capacità di pervenire a conclusioni corrette fu limitata dal fatto che il nostro Partito non aveva prestato la dovuta attenzione alla necessità di acquisire un'adeguatezza teorica, a promuovere lo studio creativo e l'assimilazione della nostra teoria, a utilizzare la ricca esperienza della classe nella lotta rivoluzionaria, a contribuire con le proprie forze allo sviluppo creativo di posizioni ideologiche e politiche sulla base delle condizioni di sviluppo. In larga misura, come Partito, abbiamo adottato le valutazioni teoriche e le scelte politiche errate del PCUS.
 
Il nostro atteggiamento è stato influenzato in misura rilevante dalle formalità delle relazioni tra Partiti comunisti, con l'adozione acritica delle posizioni del PCUS su questioni teoriche e ideologiche. Dalla nostra esperienza emerge la conclusione che il rispetto per l'esperienza di altri Partiti deve essere combinata con un giudizio obiettivo sulle loro politiche e prassi, con la critica fraterna riguardante gli errori e con l'opposizione alle deviazioni.
 
La Conferenza del 1995 ha criticato l'accettazione acritica da parte del nostro Partito della politica della perestroika, valutandola come una politica di riforme di cui avrebbe beneficiato il socialismo. Questo fatto rifletteva il rafforzamento in quel periodo dell'opportunismo nelle file del nostro Partito.
 
Questa critica all'atteggiamento del KKE nei confronti dell'edificazione del socialismo non mette in dubbio che il nostro Partito in tutta la sua storia, fedele al suo carattere internazionalista, abbia difeso il processo di costruzione del socialismo-comunismo nel XX secolo, anche con la vita di migliaia dei suoi membri e quadri. Il KKE ha propagandato in modo militante il contributo del socialismo. La difesa militante del contributo del socialismo nel XX secolo è stata ed è una scelta consapevole del nostro Partito.
 
Il KKE non si è unito a quelle forze che, provenienti dal movimento comunista e in nome della critica dell'Unione Sovietica e degli altri paesi, furono condotte al rifiuto totale, alla negazione del carattere socialista di quei paesi, all'adozione della propaganda imperialista, né ha rivisto la sua difesa del socialismo, nonostante le sue debolezze.
 
Temi per ulteriori studi
 
31. Sulla base delle precedenti valutazioni e direttive, il nuovo CC dovrebbe organizzare uno studio approfondito e ricavare delle conclusioni su una serie di questioni:
 
* Le forme organizzative della partecipazione dei lavoratori, i loro diritti e doveri nei diversi periodi del potere sovietico, come i Comitati Operai e i Consigli di Produzione negli anni '20 e il movimento stacanovista nei '30, in contrasto con i "consigli di autogestione" della perestroika. Il loro rapporto con la Pianificazione centrale e la realizzazione del carattere sociale della proprietà sui mezzi di produzione.
 
* Lo sviluppo dei Soviet come forma di dittatura del proletariato. Le modalità del rapporto "Partito-Soviet-classe operaia e forze popolari" realizzato durante le diverse fasi dell'edificazione del socialismo in URSS. Le questioni relative al declassamento funzionale dell'unità produttiva come nucleo di organizzazione del potere operaio, con l'abolizione del principio dell'unità produttiva come unità elettorale con l'elezione indiretta dei delegati attraverso i congressi e le assemblee. L'impatto negativo sulla composizione di classe dei più alti organi dello Stato e sull'applicazione del diritto di revoca dei delegati.
 
* Lo sviluppo della politica salariale seguita nel corso socialista dell'URSS. L'evoluzione della struttura della classe operaia. Un ulteriore studio del rapporto tra produzione e distribuzione individuali e sociali della produzione socialista.
 
* Lo sviluppo di rapporti di proprietà e distribuzione della produzione agricola dell'Unione Sovietica. Le differenziazioni tra lavoratori delle unità di produzione socialiste e dei servizi e la stratificazione all'interno dei produttori agricoli privati e delle cooperative.
 
* L'evoluzione della composizione di classe del Partito nella sua struttura e funzionamento e il suo impatto a livello ideologico e sulle caratteristiche rivoluzionarie del Partito, nei suoi membri e quadri.
 
* L'evoluzione dei rapporti tra gli Stati membri del COMECON, così come le relazioni economiche tra loro e gli Stati capitalistici, soprattutto durante il periodo in cui la costruzione socialista ha cominciato ad arretrare.
 
* Come la forma del potere statale della classe operaia (Democrazia popolare) è stata espressa negli altri Stati socialisti, l'alleanza della classe operaia con gli strati piccolo-borghesi e la lotta tra loro. Le influenze nazionaliste borghesi in alcune politiche dei PC al potere, ad esempio il PCC e l'Unione dei comunisti jugoslavi. Come l'unificazione dopo il 1945 con settori della socialdemocrazia ha influenzato il carattere dei PC al potere, per esempio il Partito operaio unificato polacco, il Partito socialista unificato in Germania, il PC di Cecoslovacchia, il Partito dei Lavoratori Ungherese.
 
* Il corso dell'Internazionale Comunista e l'evoluzione della strategia del movimento comunista internazionale.
 
* Lo sviluppo dei rapporti di forza internazionali e la loro influenza sulla crescita dell'opportunismo nel PCUS. L'illustrazione dei fattori che portarono alla supremazia dell'opportunismo nel PCUS.
 

[10] V.I. Lenin, "Sulla nostra rivoluzione", Opere, edizione greca (SE), vol. 45. (Edizione italiana: Editori Riuniti, vol. 33 - ndt)
 
[11] Alla vigilia della prima guerra mondiale ci fu per quel tempo un importante sviluppo e concentrazione della classe operaia in Russia: il numero complessivo dei lavoratori stimato era di 15 milioni, di cui 4 milioni erano i lavoratori dell'industria e delle ferrovie. Inoltre, il 56,6% dei lavoratori dell'industria era concentrato in impianti di grandi dimensioni con più di 500 operai. La Russia era al 5° posto al mondo e al 4° in Europa in termini di quota del volume della produzione industriale internazionale. Naturalmente, l'aumento della produzione industriale era iniziato alla fine del primo decennio del XX secolo. Nel periodo 1909-1913 il settore dei mezzi di produzione aveva aumentato la sua produzionedell'83% (con un incremento medio annuo del 13%). Tuttavia, la grande industria capitalista era concentrata in sei aree: Centrale, Nord-occidentale (Pietrogrado), Baltico, Sud, Polonia e Urali, che rappresentavano circa il 79% dei lavoratori dell'industria e il 75% della produzione industriale. La profonda ineguaglianza che ha caratterizzato l'economia dell'Impero russo alla vigilia della prima guerra si riflette nei pur scarsi dati statistici del periodo. La classe operaia rappresentava circa il 20% della popolazione totale (a seconda delle fonti dal 17% al 19,5%). I piccoli produttori di merci (contadini, artigiani, ecc.) costituivano il 66,7% e le classi sfruttatrici il 16,3%, di cui 12,3% erano kulaki. Accademia Nazionale delle Scienze dell'URSS, "Economia Politica", Cypraiou Publications, 1960, p.542 e "La Grande Enciclopedia Sovietica" vol. 31, p.183-185.
 
[12] Nel 1913 il PIL pro capite della Russia era l'11,5% di quello degli USA. Circa 2/3 della popolazione era completamente analfabeta.
 
[13] Un orientamento che venne stabilito nel 15° Congresso (1927). Il AUCP(b) [Partito comunista di tutta l'Unione (bolscevico)] spinse sulla crescita della produttività delle piccole e medie imprese familiari nella fornitura di tecnologie e attrezzature. La nazionalizzazione della terra non entrò in conflitto con i diritti di utilizzo della terra dei contadini piccoli e medi. Ne beneficiarono le piccole aziende agricole e le forme di cooperazione delle aziende agricole familiari disperse, da quelle più semplici fino all'"Artel". Le politiche nei confronti della piccola azienda agricola familiare, la piccola produzione, furono di aiuto e non di contrasto. Fu respinta la distruzione delle forme inferiori di organizzazione della produzione in nome di quelle più grandi. Allo stesso tempo, furono promossi i vantaggi del kolchos e del sovkhoz, parallelamente all'obiettivo di sconfiggere alcuni settori kulak nei villaggi e, successivamente, di eliminare i kulaki in quanto classe.
 
[14] Decisione del CC, 15/03/1930 e articolo personale di I.V. Stalin ("Vertigine dei successi", I.V. Stalin, Opere, V.12, pg. 218-227, edizione greca), dove venivano rilevati errori che minacciavano la stabilizzazione dell'alleanza fra operai e contadini e prese posizioni a favore del riconoscimento di tali errori e della loro correzione ove questi non fossero irreparabili.
 
[15] Il caso "Shakhty" riguarda il sabotaggio messo in atto negli impianti del bacino carbonifero del Donbas dagli specialisti borghesi, quadri dell'industria che erano stati impiegati dal potere sovietico per l'organizzazione e la gestione della produzione. Durante il processo che ha avuto luogo nel 1928, è stato dimostrato che questi dirigenti erano in collegamento con i vecchi proprietari delle miniere che erano espatriati. Il sabotaggio faceva parte di un piano generale per compromettere l'industria socialista e il potere sovietico.
 
[16] Nonostante i successi ottenuti nel completamento del 4° piano quinquennale (1946-1950), la dirigenza del PCUS aveva notato i seguenti problemi: bassi indici nell'introduzione dei nuovi progressi scientifici e tecnologici in una serie dei settori dell'industria e della produzione agricola. Fabbriche con apparecchiature tecniche antiquate e a bassa produttività, produzione di macchine utensili e macchinari obsoleti. Fenomeni di rallentamento, routine, inerzia nell'amministrazione di fabbrica, indifferenza per l'introduzione del progresso tecnico come stimolo costante per lo sviluppo delle forze produttive. Ritardo nel ripristino della produzione agricola, bassa produttività per ettaro nella coltivazione di grano, bassa produttività nell'allevamento la cui produzione totale non aveva ancora raggiunto i livelli anteguerra, con il risultato che vi era carenza di carne, latte, burro, frutta e verdura che pregiudicò l'obiettivo generale di elevare il livello di benessere sociale.
Fonte: G. Malenkov, "Risoluzione del CC del PC (Bolscevico) dell'URSS al 19° Congresso del Partito", pubblicazione CC del KKE, p 48-64.
 
[17] G. Malenkov, "Risoluzione del CC del PC (Bolscevico) dell'URSS al 19° Congresso del Partito", pubblicazione CC del KKE, p 60.
 
[18] I.V. Stalin "Problemi economici del socialismo in URSS", Sychroni pubblicazioni Epochi, 1988, pp 77-78 (edizione greca).
 
[19] I.V. Stalin "Problemi economici del socialismo in URSS", Sychroni pubblicazioni Epochi, 1988, pg. 44 (edizione greca).
 
[20] "Non vi è dubbio che con la distruzione del capitalismo e del sistema dello sfruttamento, con il consolidamento del regime socialista, nel nostro paese doveva sparire anche il contrasto di interessi tra la città e la campagna, tra l'industria e l'agricoltura. E così è accaduto. L'immenso aiuto dato ai nostri contadini dalla città socialista e dalla nostra classe operaia per liquidare i proprietari fondiari e i kulak, ha consolidato la base dell'alleanza fra la classe operaia e i contadini, mentre la fornitura sistematica di trattori di prima qualità e di altre macchine ai contadini e ai loro colcos ha trasformato in amicizia l'alleanza fra la classe operaia e i contadini. Certo, gli operai e i contadini colcosiani sono tuttora due classi, che differiscono l'una dall'altra per la loro posizione. Ma questa differenza non indebolisce in nessuna misura la loro amicizia. Al contrario, i loro interessi corrono su un'unica linea comune, sulla linea del consolidamento del regime socialista e della vittoria del comunismo. […] Se esaminiamo, per esempio, la differenza fra l'agricoltura e l'industria, essa, da noi, non consiste solo nel fatto che le condizioni di lavoro nell'agricoltura differiscono dalle condizioni di lavoro nell'industria, ma innanzitutto e principalmente nel fatto che nell'industria abbiamo una proprietà di tutto il popolo sui mezzi di produzione e sul prodotto dell'attività produttiva, mentre nell'agricoltura non abbiamo una proprietà di tutto il popolo, ma di gruppo, colcosiana. E' già stato detto che questa circostanza porta al mantenimento della circolazione delle merci, che solo con la scomparsa di questa differenza fra l'industria e l'agricoltura può scomparire la produzione mercantile, con tutte le conseguenze che ne derivano. Per conseguenza, non si può negare che la scomparsa di questa sostanziale differenza tra l'agricoltura e l'industria deve avere per noi un'importanza di prim'ordine."
I.V. Stalin "Problemi economici del socialismo in URSS", Sychroni Epochi Publications, 1988, p. 50-52 (edizione greca).
 
[21] G. Malenkov "Risoluzione del CC del PC (Bolscevico) dell'URSS al 19° Congresso del Partito", pubblicazione del CC del KKE.
 
[22] C'erano kolchoz molto piccoli con 10-30 famiglie su piccoli appezzamenti di terreno, in cui i mezzi tecnologici non erano pienamente utilizzati e le spese gestionali erano molto alte.
 
[23] Ritardo nello sviluppo di un meccanismo che riflettesse nella Pianificazione centrale le necessarie proporzioni reali tra i rami e settori dell'economia.
 
[24] È importante notare come le forze borghesi caratterizzarono le riforme del 1965:
1.) Il pensiero economico borghese le giudicò come un ritorno al capitalismo (materiale pubblicato su "Economist", "Financial Times")
2.) Le "riforme" ottennero l'appoggio degli economisti borghesi occidentali della scuola keynesiana e socialdemocratica, che le qualificarono come un miglioramento della pianificazione coniugato alla battaglia contro la burocrazia.
 
[25] La Sovnarkhoz fu abolita nel 1965 e furono ripristinati i ministeri separati per settore.
 
[26] I trattori, ecc. fino ad allora erano stati di proprietà dello Stato. Erano concentrati nelle stazioni (Stazioni di macchine e trattori - SMT) e diretti dagli operai.
 
 
[27] Nel febbraio 1958 una sessione plenaria del Comitato Centrale del PCUS decise lo scioglimento delle SMT e la vendita dei loro mezzi tecnici ai kolchoz. Questa politica portò a una grande espansione della proprietà dei kolchoz a spese della proprietà sociale.
 
[28] Plenum del CC del PCUS nel marzo 1965, con una relazione di L. Breznev sul tema: "Misure urgenti per l'ulteriore sviluppo dell'economia agricola dell'Unione Sovietica".
 
[29] Fino al 1958, in URSS, vigevano forme di approvvigionamento dei prodotti agricoli provenienti dai kolchoz che limitavano l'elemento di mercato o lo mantenevano nella forma, ma non nel contenuto: contratti di approvvigionamento obbligatori a prezzi bassi, in forza di tassazione; pagamento in natura per il lavoro delle SMT; acquisti dei prodotti al di sopra dei quantitativi di fornitura obbligatoria a prezzi leggermente più alti dei prezzi di approvvigionamento. Il sistema degli approvvigionamenti fu istituito nel 1932-1933.
 
[30] Nel 1970 le aziende agricole familiari in URSS producevano il 38% delle verdure, il 35% della carne e il 53% delle uova. In totale fornivano il 12% di tutti i prodotti agricoli venduti sul mercato (l'8% della produzione delle derrate agricole e il 14% della zootecnia). Fonte: Scuola Economica Università di Lomonosov, Mosca: "Economia politica", Gutenberg. Atene 1984. Volume 4, p. 319.
 
[31] Plenum del CC del PCUS, settembre 1965 sul tema "Per il miglioramento della gestione del settore industriale, per il perfezionamento della pianificazione e il rafforzamento del dinamismo economicodella produzione industriale". Le "riforme Kosygin" culminate negli anni '70.
 
[32] Nel settore industriale, le riforme sono state applicate in via sperimentale nel 1962 in due aziende di abbigliamento, secondo un sistema di amministrazione proposto dal professor Lieberman (noto come il sistema Kharkov).
Lieberman sosteneva come il calcolo delle indennità agli amministratori rapportato alla sovra-realizzazionedel Piano, introducesse una contraddizione tra l'interesse degli amministratori e quello della società sovietica nel suo complesso. Questo perché gli amministratori nascondevano la reale capacità produttiva delle imprese, creavano scorte di materie prime e merci ed erano disinteressati alla sospensione della produzione di "beni inutili". Bloccarono l'applicazione delle nuove tecnologie al fine di non alterare gli "indici" della produzione sociale, sulla cui base era calcolata la copertura dei piani. In questo modo, per esempio hanno prodotto carta spessa, invece che sottile, perché gli indici erano determinati sulla base del peso. Lieberman fece alcune osservazioni corrette, ma propose politiche errate. Fu su questa base che i comunisti e i lavoratori vennero convinti della necessità di tali misure.
 
[33] La Grande Enciclopedia Sovietica, Vol. 30, p. 607, voce "Sovkhoz" (edizione greca).
 
[34] Cfr. gli articoli di V.M. Glushkov KOMEP (Communist Review) 1/2005] e N.D. Pikhorovich in KOMEP 3/2005.
 
[35] Cfr. Documenti della Conferenza Nazionale (Pan-ellenica) del KKE (1995) "Considerazioni sui fattori che hanno determinato il rovesciamento del sistema socialista in Europa. La necessità e l'importanza del socialismo", pg. 23-24.
 
[36] G. Malenkov "Relazione del CC del PC (Bolscevico) dell'URSS al 19° Congresso del Partito", ripubblicato ad estratti in KOMEP (Communist Review) 2/1995.
 
[37] Ibidem
 
[38] La Grande Enciclopedia Sovietica, Vol. 17, p. 671, voce "PCUS" (edizione greca).
 
[39] G. Malenkov "Relazione del CC del PC (Bolscevico) dell'URSS al 19° Congresso del Partito", ripubblicato ad estratti in KOMEP (Communist Review) 2/1995.
 
[40] Come si deduce dalla storia del PCUS, ci fu un'aspra lotta nel Presidium del CC, nel giugno 1957, un anno dopo il 20° Congresso. I membri del Presidium del CC, Malenkov, Kaganovic e Molotov, si opposero alla linea di politica interna ed estera del 20° Congresso: contro l'espansione dei poteri delle Repubbliche federate nella costruzione economica e culturale, contro le misure di riduzione dell'apparato statale e di riorganizzazione dell'amministrazione del settore edile ed industriale, contro il provvedimento volto ad aumentare gli incentivi materiali per i contadini dei kolchoz, contro l'abolizione dell'approvvigionamentoobbligatorio dei prodotti agricoli provenienti dalle aziende supplementari dei colcosiani. Molotov si oppose anche contro l'espansione verso terre vergini. Tutti e tre presero posizione contro la linea di politica internazionale del Partito. Infine, Malenkov, Kaganovic, Molotov e Shepilov vennero privati del loro ruolo dentro il CC e il Presidium del CC durante la Sessione plenaria del CC nel mese di giugno. Bulganin fu redarguito severamente con un avvertimento. Gli altri membri furono penalizzati. Pervuchin fu declassato da regolare a membro provvisoriodel Presidium del CC, Saburov rimosso da membro provvisoriodel Presidium. Nell'ottobre 1957, il Presidium e il Segretariato furono ampliati con l'ingresso di nuovi membri.
"History of the CPSU" [Storia del PCUS], Political and Literary Editions, 1960, pp. 861-865, Edizioni politico e letterario, 1960, pp 861-865.
 
[41] Victor Tiulkin, primo segretario del CC del RCWP-RCP, nel suo discorso alla Conferenza Internazionale sull'80° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre a Mosca, osservava che:
- La 19° Conferenza del PCUS dichiarò il pluralismo politico.
- La via alle politiche di mercato era stata aperta dal 28° Congresso del PCUS.
- Il plenum del CC del PCUS (aprile 1991) aprì la strada alle politiche di privatizzazione.
- La politica nazionale di "indipendenza" (scioglimento dall'URSS) era stata seguita dal gruppo di comunisti nei congressi dei Soviet.
- La dissoluzione dell'URSS fu sigillata dalla cosiddetta maggioranza comunista nel Soviet Supremo.
In un articolo del 2000, in occasione del 10° anniversario del 28° Congresso del PCUS, Tiulkin ricorda che nella Conferenza di Tutta la Russia che fondò il Partito Comunista della Federazione Russa (nel quadro del PCUS) apparve per la prima volta il "Movimento per l'Iniziativa comunista" il quale, insieme ad altri, si espresse contro le decisioni del 28° Congresso del PCUS.
 
[42] "Per accordo tra classe operaia e contadini si può intendere ciò che si vuole. Se si dimentica che, dal punto di vista della classe operaia, l'accordo è, in linea di principio, ammissibile, giusto e possibile soltanto se sostiene la dittatura della classe operaia e costituisce una delle misure che mirano all'abolizione delle classi (…) (V.I. Lenin, "Rapporto sull'imposta in natura", Opere, vol. 43, p.301, edizione greca) (Edizione italiana: Editori Riuniti, vol. 32, pg. 382 - ndt).
In altre parti della stessa discussione, Lenin ha osservato: "Che cosa significa dirigere i contadini? Significa, in primo luogo, orientarsi verso la soppressione delle classi, e non verso il piccolo produttore. Se ci allontanassimo da questa linea, fondamentale, essenziale, cesseremmo di essere dei socialisti e finiremmo nel campo dei piccoli borghesi, nel campo dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi che sono ora i peggiori nemici del proletariato."(V.I. Lenin, "Discorso conclusivo sull'imposta in natura", Opere, vol. 43, p.318, edizione greca) (Edizione italiana: Editori Riuniti, vol. 32, pg. 396 - ndt).
 
[43] Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
 
[44] La relazione di A. Zdanov, in occasione della sessione del Plenum del CC del AUCP(b) di febbraio-marzo 1937, riferisce i seguenti problemi che il nuovo sistema elettorale avrebbe cercato di risolvere: "dobbiamo superare il pericoloso preconcetto, nutrito da alcuni quadri di partito e dei soviet, che possiamo conquistare facilmente la fiducia del popolo e dormire sonni tranquilli, in attesa ci vengano offerti incarichi a casa loro tra applausi scroscianti, per i servizi resi in precedenza. Con lo scrutinio segreto non sarà possibile dare per scontata la fiducia del popolo... Molti quadri di partito e dei soviet, pensano che il loro compito sia finito quando vengono eletti nei soviet. Questo è testimoniato dal gran numero di quadri che non partecipano alle sedute dei soviet, che non adempiono alle funzioni di base... molti dei nostri quadri nei soviet tendono ad acquisire caratteristiche burocratiche e hanno molti punti deboli nel loro lavoro; sono pronti a rispondere per il loro lavoro 10 volte davanti all'ambiente "familiare" del partito, piuttosto che presentarsi a una seduta del plenum sovietico ed esporsi a una critica o autocritica. Credo ne siate a conoscenza come lo sono io."
KOMEP (Communist Review) 4/2008
 
[45] Per le valutazioni e le conclusioni su questo argomento vedere "Tesi del CC del KKE sul 60° anniversario della vittoria anti-fascista del Popolo", aprile 2005.
 
[46] Inizialmente la Segreteria del Comitato Esecutivo dell'Internazionale Comunista, il 9 settembre 1939, stigmatizzò la guerra come imperialista e rapace da entrambe le parti, invitando le sezioni della IC nei paesi coinvolti nella guerra di lottare contro di essa.
 
[47] Cfr. "Storia del Terza Internazionale", Accademia delle Scienze dell'URSS, p. 428 (edizione greca).
 
[48] Va rilevato che al 7° Congresso del KKE (1945) fu approvata una risoluzione riguardante "l'unità politica internazionale della classe operaia", in cui si diceva tra l'altro: "Il 7° Congresso del KKE esprime il ... desiderio che tutti i partiti dei lavoratori del mondo, che credono nel socialismo, indipendentemente dalle differenze, siano integrati il più rapidamente possibile in una organizzazione unitaria politica internazionale della classe operaia".
Fonte: "Il KKE. Documenti ufficiali", S.E, vol. 6, p.113.
 
[49] Già nel 1935, il 7° Congresso dell'Internazionale Comunista "raccomandò al Comitato Esecutivo dell'IC di spostare il baricentro della sua attività all'elaborazione delle tesi politiche di base e alle tattiche del movimento operaio mondiale, tenendo in considerazione le condizioni specifiche e le peculiarità di ogni paese" e, al tempo stesso consigliò al CE dell'IC di "evitare un diretto coinvolgimento negli affari interni di organizzazione dei partiti comunisti". Dopo il 7° Congresso iniziò la cosiddetta riorganizzazione del meccanismo dell'Internazionale comunista, per mezzo della quale: "La direzione operativa dei partiti, passò nelle mani dei partiti stessi... furono abolite le segretarie regionali, che avevano esercitato una certa guida operativa .. Al posto dei dipartimenti del Comitato Esecutivo dell'IC vennero creati solo due organi, il dipartimento quadri e il dipartimento per la propaganda e le organizzazioni di massa".
Accademia delle Scienze dell'URSS "Storia della Terza internazionale", pp 433-434.
 
[50] Nel Cominform (l'Ufficio Informazione del partiti comunisti e operai) erano rappresentati i seguenti partiti comunisti e operai: Bulgaria, Ungheria, Italia, Polonia, Romania, Unione Sovietica, Cecoslovacchia e Francia.
 
[51] Relazione del CC del PC (b) al 19° Congresso, p. 28 dell'edizione del CC del KKE.
 
[52] "Il 20° Congresso del PCUS", edizioni Zogia, 1965, pagina 8.
 
[53] "La preparazione di una nuova guerra è integralmente connessa con la subordinazione dei paesi d'Europa e di altri continenti all'imperialismo statunitense. Il piano Marshall, l'Occidente, la NATO, sono tutti anelli della catena di cospirazione criminale contro la pace e al tempo stesso sono cappi tesi dai monopolisti d'oltre oceano attorno al collo dei popoli. Il compito dei partiti comunisti e operai nei paesi capitalisti è quello di unire la lotta per l'indipendenza nazionale con la lotta per la pace, di rivelare il carattere traditore e anti-nazionale delle politiche dei governi borghesi, trasformati in evidenti lacchè dell'imperialismo americano, di mobilitare tutte le forze democratiche e patriottiche di tutti i paesi sulla parola d'ordine di porre fine alla subordinazione agli americani, per un passaggio a una politica estera e interna indipendente che soddisfi gli interessi nazionali dei popoli. I partiti comunisti e operai devono tenere alta la bandiera della difesa dell'indipendenza nazionale e della sovranità dei popoli".
(Archivio del KKE. Risoluzioni dell'Ufficio Informazione del partiti comunisti e operai, Incontro di Novembre 1949, Atene Pg. 73-74)
 

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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19° Congresso del KKE




 
 

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